Chi ha vissuto ha il diritto di testimoniarsi e di testimoniare.
Chi ha spezzato i legami di sangue non potrà mai capire il segreto dell’aquila con la rosa rossa…
Chi nasce servo e non ha la consapevolezza di essere servo, pur nella trasformazione dei fatti che accadono, si trasforma in un traditore.
Nel fondo della sua miseria resta sempre un ingrato.
L’ingratitudine non conosce il senso della pietà e la verità lo rende ancora di più schiavo dell’invidia, della gelosia, dell’odio.
Spesso mio padre mi sottolineava queste parole.
Chi ha spezzato i legami di sangue non potrà mai capire il segreto dell’aquila con la rosa rossa…
Chi nasce servo e non ha la consapevolezza di essere servo, pur nella trasformazione dei fatti che accadono, si trasforma in un traditore.
Nel fondo della sua miseria resta sempre un ingrato.
L’ingratitudine non conosce il senso della pietà e la verità lo rende ancora di più schiavo dell’invidia, della gelosia, dell’odio.
Spesso mio padre mi sottolineava queste parole.
Poi aggiungeva.
Bisogna avere sempre uno stile, perché ciò che rende nobile un uomo è la libertà della verità, perché la storia, può avere le sue tante interpretazioni, le sue tante malizie e anche le sue maledizioni, ma è la verità che segna la vita dei veri uomini, e nella vita degli uomini, se manca la pietà, prevale sempre la menzogna.
La menzogna per resistere, per reggersi, per diventare un “fatto” non ha mai il coraggio di confrontarsi con la pietà.
Perché la menzogna deve sfuggire al coraggio della verità e deve sfuggire a chi la verità la conosce, perché la vive e la menzogna è sempre un tradimento di quella storia che è storia non solo nelle parole, ma nei fatti, nella costante testimonianza, nella presenza di una vita il cui sguardo non riesce ad abbassarsi mai.
Sono parole che ritornano e fanno eco e sono eco.
Non so perché, in alcune notti, ritornano a farsi ascoltare.
Mi riportano ai lunghi dialoghi con mio padre.
Ed è questo ricordare, in un intreccio di memorie, che fa riscoprire una vita e mi ritornano immagini, gesti, situazioni dimenticate o alle quali non avevo mai dato la giusta dimensione.
La pietà e il coraggio.
Nella tradizione della sua famiglia, quella che ha tramandato tradizione e legami di sangue, non sono mai mancati il coraggio, l’eleganza, la pietà, la dignità, la lealtà e quella visione della vita che va vissuta da vero combattente sempre in trincea e mai pavido nascosto nelle buche profonde, che si scavano al fronte mentre la battaglia infuria altrove.
I cinque fratelli, Adolfo, Mariano, mio padre, Gino e Pietro appartengono a questa dinastia.
Il coraggio e la pietà sono nel legame di sangue tra i Bruni e i Gaudinieri.
Non bisogna mai dimenticare chi è stato servo, perché chi è stato servo, e rimuove dalla sua mente di esserlo stato, non conosce né il coraggio, né la pietà e tanto meno la verità.
Ma non bisogna mai meravigliarsi ed avere sempre presente la nobiltà dell’aquila, che ha la solitudine nell’ attraversamento del vento e l’eleganza nello spiegare le sue ali tra le distanze dei giorni e il peso del tempo.
Ancora mio padre.
Quell’ eleganza che porta negli occhi e non solo nel suo immaginario reale. Quell’aquila con la rosa rossa nel becco.
Una rosa rossa.
Mio padre, negli ultimi anni, coltivava, nel nostro giardino, rose rosse e orchidee.
Ma il giardino e i fiori hanno sempre avuto un segno particolare per i Bruni – Gaudinieri.
I fiori, le piante nei balconi, la terra.
Giulia Gaudinieri, la mamma dei cinque fratelli, aveva una devozione per i fiori, ma conosceva anche il coraggio.
La fedeltà ai legami di sangue è un respiro nella verità.
La nobiltà, Giulia Gaudinieri, la portava negli occhi. E si resta nobili se la pietà ha un senso.
Sapessi quanti ingrati hanno frequentato la nostra casa. Ma non bisogna mai dare peso e chi parla troppo. Lasci che parlino perché le parole che restano nel vento diventano pioggia d’estate. Quanti ingrati e servi hanno bussato al nostro portone. Bisogna accoglierli sempre, ma sempre occorre far capire le distanze.
Mi ripeteva mio padre e non solo mio padre.
I cinque fratelli sono storia di eleganza.
In fondo, c’è chi la storia la fa e c’è chi resta a guardare perché egli stesso non ha storia rappresentabile pur in un tempo in transizione.
Ormai è frequente che tra le mie mani, rovistando archivi di lettere e di documenti, arrivano buste, storicamente datate, che raccontano vite, raccontano destini di famiglie, raccontano miserie, bellezze e grandezze, raccontano verità, raccontano vissuti e sono tutte testimonianze che permettono di decifrare un passato che può leggersi come profezia.
Ogni busta sigla dei vissuti.
E da questi vissuti ritorna ciò che mio padre, e non solo, non ha mai smesso di ripetermi.
Chi servo nasce nella mente e nella sua tradizione, non può che da traditore e ingrato condurre il suo viaggio.
Ormai sono anni lunghi che ho trascorso, e questa storia, che cerco di ricostruire, mi porta a capire che la famiglia ha un senso nel momento in cui resta famiglia nel sangue, perché i legami di sangue hanno il loro valore se ci si testimonia con i comportamenti, gli atti, la costante presenza.
Chi tradisce questi legami vuol dire che alla pietà è subentrata la tristezza della rivalsa.
Sì, perché chi è stato servo non fa altro che costruire il senso della propria vita intorno ad un concetto che è quello della rivalsa.
Le nobiltà hanno sempre dovuto confrontarsi con le rivalse dei servi, ma la vita è lunga e il Conte di Montecristo è una metafora che accompagna i Salina del Gattopardo.
Rileggo il mio Tomasi di Lampedusa.
I Gattopardi restano sempre Gattopardi e Angelica resta sempre una popolana, mentre Tancredi, nonostante tutto, comprende quel legame di sangue che è una stretta con lo “zione”.
Un romanzo. Certo. Ma cosa è il romanzo o cosa è quel romanzo?
L’aquila con la corona sul capo ha la sua tradizione e la dolcezza della rosa è la singolare manifestazione di una tradizione di una religiosità, che ci conduce lungo le vie di Santa Rita.
Un’altra Santa, dopo il Francesco di Paola, che ha avuto il coraggio nella pietà e nella dignità.
Ora i cinque fratelli mi ascoltano. Ed io ho sempre ascoltato loro.
Ho ascoltato il battere del sangue sino a quando il fiammifero non si è spento con l’ultimo respiro di mio padre.
Poi in quella notte dove io e mio padre con mamma Maria soltanto siamo rimasti a raccontarci la pietà, il coraggio e la verità…
Soltanto noi tre in quella stanza fatta di vita di morte e di pagine rimaste incollate tra i libri…
Non smetterò mai di raccontare la verità, perché la verità, mi ha insegnato San Paolo, ci rende semplicemente liberi…
Il legame di sangue è un legame di vita ed è, per noi che portiamo nel cuore il coraggio, la pietà e la verità, una tradizione. E la tradizione è appunto un viaggio.
Quando la tradizione della consapevolezza della pietà si interrompe si spezza il filo del viaggio.
Ma ci sono ancora tanti vissuti da raccontare, tante storie che hanno la loro eleganza e la loro pochezza.
La famiglia è famiglia se la tradizione di questo legame prevale. E tra i cinque fratelli il legame di sangue è un vissuto di nobiltà.
Ora l’aquila con nel becco la rosa rossa ha preso il volo e conosce ogni singolo destino. Ma ogni singolo destino non è un destino singolo.
Resto ad osservare i vialetti del giardino.
Gli alberi piantati da mio padre sono diventati alti.
Le tartarughe aspettano. E le rose, se pur incustodite, hanno il loro colore nel riflesso dei colori cangianti dei giorni che camminano lungo il tempo.
Chi ha vissuto nella fedeltà della tradizione resterà tradizione.
Chi ha vissuto ha il diritto di testimoniarsi e di testimoniare.
Chi ha spezzato i legami di sangue nella tradizione non potrà mai capire il segreto dell’aquila con la rosa rossa.
So che le storie vissute sono impastate in un tempo incancellabile, ma anche inesorabile nel trascinamento di anni.
Sono le famiglie che fanno la storia.
Forse un giorno racconterò ciò che ancora non ho raccontato.
Ma cosa c’è da raccontare ancora?
Giulia Gaudinieri e Alfredo (Ermete Francesco) Bruni si sono amati profondamente ed hanno costruito una storia d’amore, ed è nella memoria e nel legame di sangue che hanno intrecciato destini di nobiltà e nobiltà che restano, nonostante il passare delle epoche, a testimoniarsi come un sigillo che ha la voce dei Cantici.
Bisogna avere sempre uno stile, perché ciò che rende nobile un uomo è la libertà della verità, perché la storia, può avere le sue tante interpretazioni, le sue tante malizie e anche le sue maledizioni, ma è la verità che segna la vita dei veri uomini, e nella vita degli uomini, se manca la pietà, prevale sempre la menzogna.
La menzogna per resistere, per reggersi, per diventare un “fatto” non ha mai il coraggio di confrontarsi con la pietà.
Perché la menzogna deve sfuggire al coraggio della verità e deve sfuggire a chi la verità la conosce, perché la vive e la menzogna è sempre un tradimento di quella storia che è storia non solo nelle parole, ma nei fatti, nella costante testimonianza, nella presenza di una vita il cui sguardo non riesce ad abbassarsi mai.
Sono parole che ritornano e fanno eco e sono eco.
Non so perché, in alcune notti, ritornano a farsi ascoltare.
Mi riportano ai lunghi dialoghi con mio padre.
Ed è questo ricordare, in un intreccio di memorie, che fa riscoprire una vita e mi ritornano immagini, gesti, situazioni dimenticate o alle quali non avevo mai dato la giusta dimensione.
La pietà e il coraggio.
Nella tradizione della sua famiglia, quella che ha tramandato tradizione e legami di sangue, non sono mai mancati il coraggio, l’eleganza, la pietà, la dignità, la lealtà e quella visione della vita che va vissuta da vero combattente sempre in trincea e mai pavido nascosto nelle buche profonde, che si scavano al fronte mentre la battaglia infuria altrove.
I cinque fratelli, Adolfo, Mariano, mio padre, Gino e Pietro appartengono a questa dinastia.
Il coraggio e la pietà sono nel legame di sangue tra i Bruni e i Gaudinieri.
Non bisogna mai dimenticare chi è stato servo, perché chi è stato servo, e rimuove dalla sua mente di esserlo stato, non conosce né il coraggio, né la pietà e tanto meno la verità.
Ma non bisogna mai meravigliarsi ed avere sempre presente la nobiltà dell’aquila, che ha la solitudine nell’ attraversamento del vento e l’eleganza nello spiegare le sue ali tra le distanze dei giorni e il peso del tempo.
Ancora mio padre.
Quell’ eleganza che porta negli occhi e non solo nel suo immaginario reale. Quell’aquila con la rosa rossa nel becco.
Una rosa rossa.
Mio padre, negli ultimi anni, coltivava, nel nostro giardino, rose rosse e orchidee.
Ma il giardino e i fiori hanno sempre avuto un segno particolare per i Bruni – Gaudinieri.
I fiori, le piante nei balconi, la terra.
Giulia Gaudinieri, la mamma dei cinque fratelli, aveva una devozione per i fiori, ma conosceva anche il coraggio.
La fedeltà ai legami di sangue è un respiro nella verità.
La nobiltà, Giulia Gaudinieri, la portava negli occhi. E si resta nobili se la pietà ha un senso.
Sapessi quanti ingrati hanno frequentato la nostra casa. Ma non bisogna mai dare peso e chi parla troppo. Lasci che parlino perché le parole che restano nel vento diventano pioggia d’estate. Quanti ingrati e servi hanno bussato al nostro portone. Bisogna accoglierli sempre, ma sempre occorre far capire le distanze.
Mi ripeteva mio padre e non solo mio padre.
I cinque fratelli sono storia di eleganza.
In fondo, c’è chi la storia la fa e c’è chi resta a guardare perché egli stesso non ha storia rappresentabile pur in un tempo in transizione.
Ormai è frequente che tra le mie mani, rovistando archivi di lettere e di documenti, arrivano buste, storicamente datate, che raccontano vite, raccontano destini di famiglie, raccontano miserie, bellezze e grandezze, raccontano verità, raccontano vissuti e sono tutte testimonianze che permettono di decifrare un passato che può leggersi come profezia.
Ogni busta sigla dei vissuti.
E da questi vissuti ritorna ciò che mio padre, e non solo, non ha mai smesso di ripetermi.
Chi servo nasce nella mente e nella sua tradizione, non può che da traditore e ingrato condurre il suo viaggio.
Ormai sono anni lunghi che ho trascorso, e questa storia, che cerco di ricostruire, mi porta a capire che la famiglia ha un senso nel momento in cui resta famiglia nel sangue, perché i legami di sangue hanno il loro valore se ci si testimonia con i comportamenti, gli atti, la costante presenza.
Chi tradisce questi legami vuol dire che alla pietà è subentrata la tristezza della rivalsa.
Sì, perché chi è stato servo non fa altro che costruire il senso della propria vita intorno ad un concetto che è quello della rivalsa.
Le nobiltà hanno sempre dovuto confrontarsi con le rivalse dei servi, ma la vita è lunga e il Conte di Montecristo è una metafora che accompagna i Salina del Gattopardo.
Rileggo il mio Tomasi di Lampedusa.
I Gattopardi restano sempre Gattopardi e Angelica resta sempre una popolana, mentre Tancredi, nonostante tutto, comprende quel legame di sangue che è una stretta con lo “zione”.
Un romanzo. Certo. Ma cosa è il romanzo o cosa è quel romanzo?
L’aquila con la corona sul capo ha la sua tradizione e la dolcezza della rosa è la singolare manifestazione di una tradizione di una religiosità, che ci conduce lungo le vie di Santa Rita.
Un’altra Santa, dopo il Francesco di Paola, che ha avuto il coraggio nella pietà e nella dignità.
Ora i cinque fratelli mi ascoltano. Ed io ho sempre ascoltato loro.
Ho ascoltato il battere del sangue sino a quando il fiammifero non si è spento con l’ultimo respiro di mio padre.
Poi in quella notte dove io e mio padre con mamma Maria soltanto siamo rimasti a raccontarci la pietà, il coraggio e la verità…
Soltanto noi tre in quella stanza fatta di vita di morte e di pagine rimaste incollate tra i libri…
Non smetterò mai di raccontare la verità, perché la verità, mi ha insegnato San Paolo, ci rende semplicemente liberi…
Il legame di sangue è un legame di vita ed è, per noi che portiamo nel cuore il coraggio, la pietà e la verità, una tradizione. E la tradizione è appunto un viaggio.
Quando la tradizione della consapevolezza della pietà si interrompe si spezza il filo del viaggio.
Ma ci sono ancora tanti vissuti da raccontare, tante storie che hanno la loro eleganza e la loro pochezza.
La famiglia è famiglia se la tradizione di questo legame prevale. E tra i cinque fratelli il legame di sangue è un vissuto di nobiltà.
Ora l’aquila con nel becco la rosa rossa ha preso il volo e conosce ogni singolo destino. Ma ogni singolo destino non è un destino singolo.
Resto ad osservare i vialetti del giardino.
Gli alberi piantati da mio padre sono diventati alti.
Le tartarughe aspettano. E le rose, se pur incustodite, hanno il loro colore nel riflesso dei colori cangianti dei giorni che camminano lungo il tempo.
Chi ha vissuto nella fedeltà della tradizione resterà tradizione.
Chi ha vissuto ha il diritto di testimoniarsi e di testimoniare.
Chi ha spezzato i legami di sangue nella tradizione non potrà mai capire il segreto dell’aquila con la rosa rossa.
So che le storie vissute sono impastate in un tempo incancellabile, ma anche inesorabile nel trascinamento di anni.
Sono le famiglie che fanno la storia.
Forse un giorno racconterò ciò che ancora non ho raccontato.
Ma cosa c’è da raccontare ancora?
Giulia Gaudinieri e Alfredo (Ermete Francesco) Bruni si sono amati profondamente ed hanno costruito una storia d’amore, ed è nella memoria e nel legame di sangue che hanno intrecciato destini di nobiltà e nobiltà che restano, nonostante il passare delle epoche, a testimoniarsi come un sigillo che ha la voce dei Cantici.