Si racconta ancora, forse si racconta o forse ancora si racconta, che Sarashil e Garcia non vissero più un incontro, ma restarono tra le parole del vento a raccogliere echi di distanze nel cavo di una conchiglia che custodisce granelli di sala nella notte di fuoco in cui la luna si spezzò…
Garcia ricorda a Sarshil.
“Ti diedi un anello, l'occhio della luna, che aveva lo splendore dei tuoi occhi nelle sere raccolte lungo i silenzi del vento.
Poi fu il destino a unire le nostre stanze nel magico cerchio dell'invisibile che non conosce il tempo dello spazio e il buio non ci sorprese, ma ci legò all'infinito, e strinse gli sguardi tra una aurora mancata e un crepuscolo rigato nelle mani di sabbia”.
Forse c'era una volta una storia che non rimase storia, ma divenne viaggio e segnò ogni parola con una rosa.
Una rosa raccolta nel giardino di Noé, nel recinto delle terre intorno al monte Ararat.
Forse c'era una volta una storia che si perse in un'isola che le onde avevano spinto nelle maree della brughiera.
Nelle maree della brughiera dove nascono i segreti e il mistero delle danzatrici armene si fa voce.
Garcia sempre non smette di ricordare…
“L'occhio della luna giocò con i riflessi ed io e te restammo ad amarci non per mille notti, ma in una notte che non vide più le stelle e il deserto divenne orizzonte.
Ascoltammo il mare senza voci e fu un'onda soltanto a scavare le nostre parole sconfitte e finite.
Non ci perdemmo e non ci ritrovammo
nei baci della solitudine.
Non ci ritrovammo e non ci perdemmo
negli occhi della luna”.
E fu così che l'amore consumò il tempo e il tempo intrecciò la sabbia e l’acqua di una notte di fuoco, mentre i cavalli correvano le vie della morte negli Orienti incatenati negli Occidenti.
Garcia non cercò più Sarashil… O tanto cercò fino a non trovarla…
Sarashil si era persa tra le cenere e le fiamme che toccarono la luna…
Forse c'era una volta una storia che volle diventare favola, ma restò destino.
Forse c'era una volta un canto che divenne oblio nei ricordi che la memoria non custodì.
Forse c’era una volta una notte che non solo fu buia, ma il buio cercava di nascondere il fiume di sangue che scorreva tra le pietre degli uomini…
Garcia recitò l’Ultimo Canto che non fu una favola e forse neppure un sogno… Fu soltanto l’Ultimo Canto per Sarashil
“Non udii alcun silenzio ma soltanto lo schianto delle voci che si infranse nello sguardo e poi fu il deserto e poi fu l’arcano e poi fu la fine…
Tutte le immagini fuggirono e rimasero soltanto i riflessi delle spade e i tagli del buio che buio non era…
Ci fu un grido e fu la luna che spezzò il suo cerchio e rimase una falce ondulante tra le corde dei venti…
E vidi in una danza di polvere due occhi e uno specchio e tutto si incatenò in un anello che aveva smarrito la sua pietra
ed io piansi e tu piangesti, ma non sapremo mai chi rimase e chi andò via… chi andò via e chi raccolse i frammenti di specchio sparsi nei fiumi del deserto…
Noi non ci siamo più e forse di noi più neppure si dirà… nonostante le parole che diventano preghiera…”.
Garcia ricorda a Sarshil.
“Ti diedi un anello, l'occhio della luna, che aveva lo splendore dei tuoi occhi nelle sere raccolte lungo i silenzi del vento.
Poi fu il destino a unire le nostre stanze nel magico cerchio dell'invisibile che non conosce il tempo dello spazio e il buio non ci sorprese, ma ci legò all'infinito, e strinse gli sguardi tra una aurora mancata e un crepuscolo rigato nelle mani di sabbia”.
Forse c'era una volta una storia che non rimase storia, ma divenne viaggio e segnò ogni parola con una rosa.
Una rosa raccolta nel giardino di Noé, nel recinto delle terre intorno al monte Ararat.
Forse c'era una volta una storia che si perse in un'isola che le onde avevano spinto nelle maree della brughiera.
Nelle maree della brughiera dove nascono i segreti e il mistero delle danzatrici armene si fa voce.
Garcia sempre non smette di ricordare…
“L'occhio della luna giocò con i riflessi ed io e te restammo ad amarci non per mille notti, ma in una notte che non vide più le stelle e il deserto divenne orizzonte.
Ascoltammo il mare senza voci e fu un'onda soltanto a scavare le nostre parole sconfitte e finite.
Non ci perdemmo e non ci ritrovammo
nei baci della solitudine.
Non ci ritrovammo e non ci perdemmo
negli occhi della luna”.
E fu così che l'amore consumò il tempo e il tempo intrecciò la sabbia e l’acqua di una notte di fuoco, mentre i cavalli correvano le vie della morte negli Orienti incatenati negli Occidenti.
Garcia non cercò più Sarashil… O tanto cercò fino a non trovarla…
Sarashil si era persa tra le cenere e le fiamme che toccarono la luna…
Forse c'era una volta una storia che volle diventare favola, ma restò destino.
Forse c'era una volta un canto che divenne oblio nei ricordi che la memoria non custodì.
Forse c’era una volta una notte che non solo fu buia, ma il buio cercava di nascondere il fiume di sangue che scorreva tra le pietre degli uomini…
Garcia recitò l’Ultimo Canto che non fu una favola e forse neppure un sogno… Fu soltanto l’Ultimo Canto per Sarashil
“Non udii alcun silenzio ma soltanto lo schianto delle voci che si infranse nello sguardo e poi fu il deserto e poi fu l’arcano e poi fu la fine…
Tutte le immagini fuggirono e rimasero soltanto i riflessi delle spade e i tagli del buio che buio non era…
Ci fu un grido e fu la luna che spezzò il suo cerchio e rimase una falce ondulante tra le corde dei venti…
E vidi in una danza di polvere due occhi e uno specchio e tutto si incatenò in un anello che aveva smarrito la sua pietra
ed io piansi e tu piangesti, ma non sapremo mai chi rimase e chi andò via… chi andò via e chi raccolse i frammenti di specchio sparsi nei fiumi del deserto…
Noi non ci siamo più e forse di noi più neppure si dirà… nonostante le parole che diventano preghiera…”.