Gli anni sono solo una cerca o una conta di giorni mentre il tempo cuce macerie tra memoria e oblio…
Il paese non è mai solo. Cammino tra le vie che sono state vento e infanzia.
Si raccontano storie, ma le storie se non sono destino come possono essere lette?
Più volte ho scritto che tutto ha un senso.
Il Parco delle Rimembranze è un immaginario che non smette di articolare i segni di una antica memoria.
Sono dovuti passare anni prima che riordinassi il mosaico delle mie avventure tra la storia e il destino.
Rivedo ad uno ad uno i cinque fratelli.
Il nonno che ha segnato i solchi di una generazione resta sempre impeccabile e porta negli occhi una malinconia nobile.
La nonna ha sempre il viso e gli occhi sereni.
I cinque fratelli, che mi accompagnano nel viaggio dell’età consumata e presente, sembrano giocare con la loro forza, ma in tutti e cinque il sorriso aveva il gesto del combattente in una ironia intrecciata agli orizzonti che vibrano tra il Pollino e il mare.
Tutto sembra un infinito, ma c’è un infinito oltre l’infinito e il finito e il vento della mia infanzia ha il tocco della magia.
In ogni storia si vive l’intreccio della magia che lega ciò che non c’è più e ciò che sempre c’è stato.
Zio Mariano osserva la pioggia dietro i vetri nelle giornate uggiose di Cosenza e disegna geometrie con le dita.
Zio Pietro ascolta le onde del mare di Sardegna che hanno il rumore del battito sulla battigia.
Zio Gino sfoglia cartelle e delibere nella sua casa di Terranova con la scala alta sino a toccare il soffitto.
Zio Adolfo riordina i conti della giornata riportando su un registro tutti i crediti della settimana dalla sua casa paterna di San Lorenzo.
Mio padre organizza gli attrezzi per la prossima vendemmia dalla casa con il giardino, dove le palme hanno l’appartenenza mediterranea.
Così. Sono immagini che riempiono una vita. Immagini in un immaginario che ritrovo nelle sere o nelle albe.
Ormai non faccio altro che custodire i ricordi e questi ricordi li porto con me anche quando navigo nelle alte maree tra le vele che inseguono le acque degli Orienti a quelle dell’Occidente.
Ho tra le mani foto ingiallite.
Ancora immagini.
Quando mio padre respirava a stento, e poche ore lo distaccavano dal grande viaggio, ha ripetuto più volte il nome dei fratelli.
Più volte ha domandato di Giorgio, il figlio di zio Mariano, e mi ha chiesto, con gli occhi tutti aperti, in uno sguardo fisso sulla finestra che si apre sul terrazzo del giardino, di salire sino al settimo piano del castello perché aveva un appuntamento con zio Giovannino.
Ho guardato più volte mia madre ed ho chiesto, questa volta ero io a chiedere, chi fosse zio Giovannino.
“Ma come? Non ricordi? Non sai chi è Giovannino? Zio Giovannino è il fratello del nonno che era partito per le Americhe tante epoche fa…”.
E sì che lo sapevo. E sì che conosco la sua avventura per le Americhe. E lì aveva avuto due figli diventati poi aviatori.
Mio padre mi raccontava spesso che, forse, tra i piloti che guidavano quegli aerei che avevano bombardato le nostre terre…
“Chi lo sa? Forse quegli aerei erano guidati dai figli di zio Giovannino… Probabile…”. Così diceva mio padre.
Il tempo è una deriva. Il tempo passa. Il tempo riduce tutto in macerie, in rovine…
I Bruni e i Gaudinieri non sono soltanto una storia… Hanno segnato un destino e c’è un legame tra la storia e il destino.
Non ci sono gabbiani tra le palme del giardino.
Ogni tanto si ferma un’aquila. Si poggia sul ramo più alto della palma e osserva. Cerca il suono delle civette e poi si alza con le sue ali tra l’azzurro e il rosso del crepuscolo.
C’è sempre un’aquila nel nostro destino… e non volano mai a stormo…
Non sapevo che lo stemma dei Bruni – Gaudinieri fosse proprio un’aquila…
La vita è sempre un mistero.
I cinque fratelli oltre le nuvole si scambiano memorie e sono ritornati in quell’età quando nonno Alfredo e nonna Giulia mettevano obbligatoriamente, negli anni difficili, tavola sia a mezzogiorno che alla sera e raccontavano altre storie dei Guaglianone e dei Fortunato…
Ma la vita resta un misterioso cammino.
Non c’è volta che aprendo il cancello della mia casa dove le tartarughe cercano mio padre, e certamente restano in attesa della sua presenza, e non lo trovano, gli occhi mi cadono su un triangoletto in basso, sul selciato dell’ingresso, dove c’è una data: 1929. Ma gli anni sono solo una cerca o un resoconto di giorni.
Quella mia villa paesaggio ha il romanzo del Risorgimento cucito sulle pareti.
Cammino, come nel tempo della mia età che non c’è più, tra i vicoli… Quante passeggiate i cinque fratelli tra questi vicoli in un intreccio di memorie ed oblio.
L’aquila, ancora una volta, si è fermata sul ramo più alto della palma. Ha nel becco una rosa rossa e gli occhi sanno guardare nelle distanze…
Il paese non è mai solo. Cammino tra le vie che sono state vento e infanzia.
Si raccontano storie, ma le storie se non sono destino come possono essere lette?
Più volte ho scritto che tutto ha un senso.
Il Parco delle Rimembranze è un immaginario che non smette di articolare i segni di una antica memoria.
Sono dovuti passare anni prima che riordinassi il mosaico delle mie avventure tra la storia e il destino.
Rivedo ad uno ad uno i cinque fratelli.
Il nonno che ha segnato i solchi di una generazione resta sempre impeccabile e porta negli occhi una malinconia nobile.
La nonna ha sempre il viso e gli occhi sereni.
I cinque fratelli, che mi accompagnano nel viaggio dell’età consumata e presente, sembrano giocare con la loro forza, ma in tutti e cinque il sorriso aveva il gesto del combattente in una ironia intrecciata agli orizzonti che vibrano tra il Pollino e il mare.
Tutto sembra un infinito, ma c’è un infinito oltre l’infinito e il finito e il vento della mia infanzia ha il tocco della magia.
In ogni storia si vive l’intreccio della magia che lega ciò che non c’è più e ciò che sempre c’è stato.
Zio Mariano osserva la pioggia dietro i vetri nelle giornate uggiose di Cosenza e disegna geometrie con le dita.
Zio Pietro ascolta le onde del mare di Sardegna che hanno il rumore del battito sulla battigia.
Zio Gino sfoglia cartelle e delibere nella sua casa di Terranova con la scala alta sino a toccare il soffitto.
Zio Adolfo riordina i conti della giornata riportando su un registro tutti i crediti della settimana dalla sua casa paterna di San Lorenzo.
Mio padre organizza gli attrezzi per la prossima vendemmia dalla casa con il giardino, dove le palme hanno l’appartenenza mediterranea.
Così. Sono immagini che riempiono una vita. Immagini in un immaginario che ritrovo nelle sere o nelle albe.
Ormai non faccio altro che custodire i ricordi e questi ricordi li porto con me anche quando navigo nelle alte maree tra le vele che inseguono le acque degli Orienti a quelle dell’Occidente.
Ho tra le mani foto ingiallite.
Ancora immagini.
Quando mio padre respirava a stento, e poche ore lo distaccavano dal grande viaggio, ha ripetuto più volte il nome dei fratelli.
Più volte ha domandato di Giorgio, il figlio di zio Mariano, e mi ha chiesto, con gli occhi tutti aperti, in uno sguardo fisso sulla finestra che si apre sul terrazzo del giardino, di salire sino al settimo piano del castello perché aveva un appuntamento con zio Giovannino.
Ho guardato più volte mia madre ed ho chiesto, questa volta ero io a chiedere, chi fosse zio Giovannino.
“Ma come? Non ricordi? Non sai chi è Giovannino? Zio Giovannino è il fratello del nonno che era partito per le Americhe tante epoche fa…”.
E sì che lo sapevo. E sì che conosco la sua avventura per le Americhe. E lì aveva avuto due figli diventati poi aviatori.
Mio padre mi raccontava spesso che, forse, tra i piloti che guidavano quegli aerei che avevano bombardato le nostre terre…
“Chi lo sa? Forse quegli aerei erano guidati dai figli di zio Giovannino… Probabile…”. Così diceva mio padre.
Il tempo è una deriva. Il tempo passa. Il tempo riduce tutto in macerie, in rovine…
I Bruni e i Gaudinieri non sono soltanto una storia… Hanno segnato un destino e c’è un legame tra la storia e il destino.
Non ci sono gabbiani tra le palme del giardino.
Ogni tanto si ferma un’aquila. Si poggia sul ramo più alto della palma e osserva. Cerca il suono delle civette e poi si alza con le sue ali tra l’azzurro e il rosso del crepuscolo.
C’è sempre un’aquila nel nostro destino… e non volano mai a stormo…
Non sapevo che lo stemma dei Bruni – Gaudinieri fosse proprio un’aquila…
La vita è sempre un mistero.
I cinque fratelli oltre le nuvole si scambiano memorie e sono ritornati in quell’età quando nonno Alfredo e nonna Giulia mettevano obbligatoriamente, negli anni difficili, tavola sia a mezzogiorno che alla sera e raccontavano altre storie dei Guaglianone e dei Fortunato…
Ma la vita resta un misterioso cammino.
Non c’è volta che aprendo il cancello della mia casa dove le tartarughe cercano mio padre, e certamente restano in attesa della sua presenza, e non lo trovano, gli occhi mi cadono su un triangoletto in basso, sul selciato dell’ingresso, dove c’è una data: 1929. Ma gli anni sono solo una cerca o un resoconto di giorni.
Quella mia villa paesaggio ha il romanzo del Risorgimento cucito sulle pareti.
Cammino, come nel tempo della mia età che non c’è più, tra i vicoli… Quante passeggiate i cinque fratelli tra questi vicoli in un intreccio di memorie ed oblio.
L’aquila, ancora una volta, si è fermata sul ramo più alto della palma. Ha nel becco una rosa rossa e gli occhi sanno guardare nelle distanze…