I legami di sangue non si scrivono e non si raccontano con uno Stato di famiglia o con un certificato anagrafico…
Quando si racconta la storia di una famiglia si raccontano legami di sangue. Il racconto non è mai la cronologia di fatti o di alcuni avvenimenti o di percorsi di vita.
Non bisognerebbe ridisegnare uno Stato di famiglia.
Non si va all’Anagrafe per mettere in ordine i nomi che hanno fatto una dinastia.
Si parte da questo, ma poi bisogna leggere i nomi con il loro vissuto, i fatti, i sentieri che hanno permesso un cammino nell’essere insieme, i gesti, le distanze, le vicinanze, l’amore, il disamore, le parole, le azioni e comportamenti, le presenze e le assenze.
Ricomporre una storia di famiglia è come mettersi costantemente in gioco.
Ma si mette in gioco chi ha il coraggio e la dignità di potersi mettere nel gioco della propria vita e nel gioco anche delle altre vite che hanno fatto la famiglia.
Il coraggio e la dignità, certamente. Ma anche l’onestà, la carità, il senso della pietas e la verità.
Si scrive per cercare la verità e chi scrive con l’anima e con il cuore, oltre la ragione, non ha mai menzogne da vendere ai mercati rionali, ma, appunto, verità da collocare come tanti tasselli, in un mosaico che raccoglierà il Cammino.
Il cammino di ognuno di noi.
E in questo “ognuno di noi” ci sono destini e ci sono dinastie.
Ci sono voci ma anche silenzi.
Ma io come l’aquila, che ho spesso citato, supero le nuvole e osservo, ascolto, raccolgo. Ci sono gesti di pietà e ci sono miserie. Raccontare è ricomporre, nel mosaico, una memoria che non è fatta di nostalgie, ma di ricordi che riportano ad epoche antiche.
Le epoche in cui si poteva dire “c’era una volta…”, ed oggi, invece, giustamente, si deve dire che le parole non hanno senso se non sono accompagnate dai gesti e quel c’era una volta perde di “sottosuolo”, per trasformarsi non più in una favola o in un sogno, ma in una realtà che non è la “mia” realtà, ma è una realtà che è verità.
In ogni storia di famiglia si ricongiungono e si frammentano storie di vite.
Queste storie sono righe che a volte dimentichiamo e a volte ci dimenticano. Ma è quando ritrovi accanto persone il cui sangue è il tuo sangue e ti parlano con la dignità e l’orgoglio che non è mai venuto meno, nel corso del viaggio che compiono, è che diventi impeccabile e impareggiabile tra il saper cogliere la goccia di rugiada, che distingueresti tra le onde di un mare d’altura, e la pioggia d’estate.
Ed io ho sottolineato la dignità, mai smarrita, di questo legame di sangue che è fatto anche di uomini, donne, ragazzi che sanno guardare negli occhi, gli occhi negli occhi, e mai la fuga, mai lo sbattere di una porta, mai una parola che ha il piglio della volgarità e sempre l’eleganze, il sorriso, il silenzio alla virgola giusta… La nobiltà di essere Bruni Gaudinieri.
I loro nomi? È una dinastia…
Tra quelli che mi hanno aiutato a scrivere ciò che pensavamo perduto…
Giulia di Cosenza con i suoi stimoli eleganti con la nobiltà scritta nello sguardo.
Antonella con la sua pazienza e il suo archivio di “chiosatura” che fanno la storia.
Pina, Giorgio, Giulia di Terranova, Susanna, Roberto, Anna Gaudinieri, Ciccio che ha radici nella memoria e nella saggezza.
Sono legami di sangue oltre lo Stato di famiglia.
Ed è qui che la storia diventa il mosaico delle storie perché, tra i Bruni e i Gaudinieri, il vissuto dei cinque fratelli, che non ho raccontato ma vissuto, è la tradizione che si sono portati dentro da generazioni e a noi hanno consegnato le vele con l’affetto e la dignità del nome che hanno segnato come vessillo tra le ali dell’aquila.
Non smetto mai di camminare senza i miei pensieri.
I pensieri diventano il pensiero e le parole hanno sempre un orizzonte perché se non ho una parola più bella del silenzio rimango zitto, per sottolineare un precetto Sufi. E la parole devono esprimere semplicemente verità.
Per chi scrive esiste la finzione del linguaggio che è fantasia, ma insiste sempre la verità della storia, delle azioni, dei gesti, degli atteggiamenti.
La differenza è di fondo tra la finzione del linguaggio e la menzogna che appartiene ai miseri, agli imbecilli, agli ipocriti.
Nella storia di una famiglia non bisogna giocare alle finzioni, ma bisogna sempre avere il coraggio della verità perché i nomi dicono, i nomi reggono il tempo, i nomi sostengono ciò che è un legame di sangue.
Perché il legame di sangue rende nobili quando la nobiltà è nel vissuto e nel vivere.
Si racconta perché si ha pazienza.
Mio padre mi ha lasciato un monito: “Tu cerca sempre di essere nel giusto, la tua coscienza non risponde alle coscienze degli altri, ma al tuo cuore. Lascia che gli altri dicano ciò che hanno. L’importante è che tu possa restare nella verità e lo so che la verità è un fastidio, ma non ti stancare mai di dirla. Tu dici soltanto ciò che possiedi!”.
Anche scrivendo la storia della propria famiglia si scrive la storia del proprio sangue, con il proprio sangue che detta, e di chi ha sempre dato un senso a questo legame.
I Bruni e i Gaudinieri hanno fatto la storia dentro la storia del Regno di Napoli. Ma questo non basta.
In che modo è stata tracciata questa storia?
Con la nobiltà dell’Aquila reale e con il camminamento in quei valori della distinzione e della stima.
Forse un giorno aggiungerò altri fili a questa dinastia – destino.
Ci sono lettere da decifrare e foto da ingrandire.
Il giardino di mio padre ha sempre le sue rose.
Le foto rimaste nel cassetto aspettano zio Pietro.
Le equazioni invisibili e dai risultati incerti sono tra le mani di zio Mariano.
Le sigarette non fumate sono rimaste tra le carte che ricostruiscono il tempo passato di Zio Adolfo.
Il sorriso e l’accoglienza sono tra le labbra chiuse di zio Gino.
Ognuno di noi ha varcato le prime onde del mare.
E in una Calabria che lega la Sardegna alla Puglia le corde del vento impaginano e spaginano le storie e gli incontri.
Ma non sono gli incontri a recitare eredità e appartenenze.
Gli incontri sono testimonianze.
Questa storia che mi resta dentro è un legame di sangue che va oltre lo Stato di famiglia.
Il mio sguardo corre veloce su alcune immagini.
Non dirò più c’era una volta…
La verità ha il coraggio dell’orgoglio e il resto non ha storia.
So bene che i legami di sangue non si scrivono e non si raccontano con uno Stato di famiglia o con un certificato anagrafico, ma con l’amore e con la dignità di una dinastia che è destino.
Non bisognerebbe ridisegnare uno Stato di famiglia.
Non si va all’Anagrafe per mettere in ordine i nomi che hanno fatto una dinastia.
Si parte da questo, ma poi bisogna leggere i nomi con il loro vissuto, i fatti, i sentieri che hanno permesso un cammino nell’essere insieme, i gesti, le distanze, le vicinanze, l’amore, il disamore, le parole, le azioni e comportamenti, le presenze e le assenze.
Ricomporre una storia di famiglia è come mettersi costantemente in gioco.
Ma si mette in gioco chi ha il coraggio e la dignità di potersi mettere nel gioco della propria vita e nel gioco anche delle altre vite che hanno fatto la famiglia.
Il coraggio e la dignità, certamente. Ma anche l’onestà, la carità, il senso della pietas e la verità.
Si scrive per cercare la verità e chi scrive con l’anima e con il cuore, oltre la ragione, non ha mai menzogne da vendere ai mercati rionali, ma, appunto, verità da collocare come tanti tasselli, in un mosaico che raccoglierà il Cammino.
Il cammino di ognuno di noi.
E in questo “ognuno di noi” ci sono destini e ci sono dinastie.
Ci sono voci ma anche silenzi.
Ma io come l’aquila, che ho spesso citato, supero le nuvole e osservo, ascolto, raccolgo. Ci sono gesti di pietà e ci sono miserie. Raccontare è ricomporre, nel mosaico, una memoria che non è fatta di nostalgie, ma di ricordi che riportano ad epoche antiche.
Le epoche in cui si poteva dire “c’era una volta…”, ed oggi, invece, giustamente, si deve dire che le parole non hanno senso se non sono accompagnate dai gesti e quel c’era una volta perde di “sottosuolo”, per trasformarsi non più in una favola o in un sogno, ma in una realtà che non è la “mia” realtà, ma è una realtà che è verità.
In ogni storia di famiglia si ricongiungono e si frammentano storie di vite.
Queste storie sono righe che a volte dimentichiamo e a volte ci dimenticano. Ma è quando ritrovi accanto persone il cui sangue è il tuo sangue e ti parlano con la dignità e l’orgoglio che non è mai venuto meno, nel corso del viaggio che compiono, è che diventi impeccabile e impareggiabile tra il saper cogliere la goccia di rugiada, che distingueresti tra le onde di un mare d’altura, e la pioggia d’estate.
Ed io ho sottolineato la dignità, mai smarrita, di questo legame di sangue che è fatto anche di uomini, donne, ragazzi che sanno guardare negli occhi, gli occhi negli occhi, e mai la fuga, mai lo sbattere di una porta, mai una parola che ha il piglio della volgarità e sempre l’eleganze, il sorriso, il silenzio alla virgola giusta… La nobiltà di essere Bruni Gaudinieri.
I loro nomi? È una dinastia…
Tra quelli che mi hanno aiutato a scrivere ciò che pensavamo perduto…
Giulia di Cosenza con i suoi stimoli eleganti con la nobiltà scritta nello sguardo.
Antonella con la sua pazienza e il suo archivio di “chiosatura” che fanno la storia.
Pina, Giorgio, Giulia di Terranova, Susanna, Roberto, Anna Gaudinieri, Ciccio che ha radici nella memoria e nella saggezza.
Sono legami di sangue oltre lo Stato di famiglia.
Ed è qui che la storia diventa il mosaico delle storie perché, tra i Bruni e i Gaudinieri, il vissuto dei cinque fratelli, che non ho raccontato ma vissuto, è la tradizione che si sono portati dentro da generazioni e a noi hanno consegnato le vele con l’affetto e la dignità del nome che hanno segnato come vessillo tra le ali dell’aquila.
Non smetto mai di camminare senza i miei pensieri.
I pensieri diventano il pensiero e le parole hanno sempre un orizzonte perché se non ho una parola più bella del silenzio rimango zitto, per sottolineare un precetto Sufi. E la parole devono esprimere semplicemente verità.
Per chi scrive esiste la finzione del linguaggio che è fantasia, ma insiste sempre la verità della storia, delle azioni, dei gesti, degli atteggiamenti.
La differenza è di fondo tra la finzione del linguaggio e la menzogna che appartiene ai miseri, agli imbecilli, agli ipocriti.
Nella storia di una famiglia non bisogna giocare alle finzioni, ma bisogna sempre avere il coraggio della verità perché i nomi dicono, i nomi reggono il tempo, i nomi sostengono ciò che è un legame di sangue.
Perché il legame di sangue rende nobili quando la nobiltà è nel vissuto e nel vivere.
Si racconta perché si ha pazienza.
Mio padre mi ha lasciato un monito: “Tu cerca sempre di essere nel giusto, la tua coscienza non risponde alle coscienze degli altri, ma al tuo cuore. Lascia che gli altri dicano ciò che hanno. L’importante è che tu possa restare nella verità e lo so che la verità è un fastidio, ma non ti stancare mai di dirla. Tu dici soltanto ciò che possiedi!”.
Anche scrivendo la storia della propria famiglia si scrive la storia del proprio sangue, con il proprio sangue che detta, e di chi ha sempre dato un senso a questo legame.
I Bruni e i Gaudinieri hanno fatto la storia dentro la storia del Regno di Napoli. Ma questo non basta.
In che modo è stata tracciata questa storia?
Con la nobiltà dell’Aquila reale e con il camminamento in quei valori della distinzione e della stima.
Forse un giorno aggiungerò altri fili a questa dinastia – destino.
Ci sono lettere da decifrare e foto da ingrandire.
Il giardino di mio padre ha sempre le sue rose.
Le foto rimaste nel cassetto aspettano zio Pietro.
Le equazioni invisibili e dai risultati incerti sono tra le mani di zio Mariano.
Le sigarette non fumate sono rimaste tra le carte che ricostruiscono il tempo passato di Zio Adolfo.
Il sorriso e l’accoglienza sono tra le labbra chiuse di zio Gino.
Ognuno di noi ha varcato le prime onde del mare.
E in una Calabria che lega la Sardegna alla Puglia le corde del vento impaginano e spaginano le storie e gli incontri.
Ma non sono gli incontri a recitare eredità e appartenenze.
Gli incontri sono testimonianze.
Questa storia che mi resta dentro è un legame di sangue che va oltre lo Stato di famiglia.
Il mio sguardo corre veloce su alcune immagini.
Non dirò più c’era una volta…
La verità ha il coraggio dell’orgoglio e il resto non ha storia.
So bene che i legami di sangue non si scrivono e non si raccontano con uno Stato di famiglia o con un certificato anagrafico, ma con l’amore e con la dignità di una dinastia che è destino.