La Magna Grecia dal visibile all’invisibile. I beni culturali come identità nel destino delle civiltà
di Pierfranco Bruni
di Pierfranco Bruni
Lungo i tracciati della Magna Grecia si ritrovano i luoghi e i segni che non hanno una valenza soltanto archeologica ma anche etno – archeologica, etno – storica, etno – linguistica. Il viaggio che si è voluto compiere è quello di individuare i mosaici storici che sono vitali all’interno di quel territorio (non tutto certamente) che viene spesso individuato come area della Magna Grecia. E questo territorio va studiato antropologicamente attraverso valori linguistici e valori che pongono come dato centrale la comunicazione attraverso la difesa delle tradizioni. In virtù di ciò il rapporto tra Magna Grecia, Mediterraneo ed etnie risulta sempre più fondamentale. I luoghi che sono stati della Magna Grecia sono quei luoghi dove le presenze etniche con matrici mediterranee sono abbastanza consistenti.
La storia delle minoranze etnico – linguistiche è una storia che ha vissuto stagioni di grandi conflittualità e di confronti sul piano storico, ma anche di importanti fasi in cui il senso dell'identità viene ad essere assorbito come modello di ereditarismo nella consapevolezza anche di una nobiltà e dignità culturale. La cultura popolare e i codici dell’appartenenza (anche attraverso una analisi archeologica e antropologica delle presenze documentarie che incidono sul territori) è un elemento fondamentale perché grazie ad essa la storia si intreccia con il mito, con fattori etnici, con elementi archeologici e artistici, con la ricerca sul campo. Gli archetipi, che sono il vissuto ma anche la presenza delle etnie, si lasciano ascoltare come modello identitario in una dimensione nazionale.
I paesi di minoranza etnico - linguistica sono una testimonianza vivificante. Ma ci sono anche comunità, in questo contesto, che nel corso dei secoli hanno perso la loro originaria appartenenza. L’aspetto etnico (proprio riferito alle minoranze culturali presenti in Italia e catalogate secondo la normativa vigente) potrà trovare una lettura completa (ma anche comparata dal punto di vista sia scientifico che didattico) attraverso il coinvolgimento di uno studio su elementi e processi che interessano anche gli aspetti archeologici. In fondo studiare alcuni modelli archeologici potrà costituire un inciso interpretativo fondamentale anche dal punto di vista linguistico. Alcune delle comunità interessate hanno delle radici che rimandano ad una visione che potrebbe interessare lo studio dei popoli e delle civiltà in un versante in cui l’archeologia potrebbe dare un contributo importante e, a volte, decisivo.
Il problema della lingua (ma la provenienza di un popolo richiama legami che sono, chiaramente, di identità ma anche di collocazione all’interno dei territori i quali si mostrano con dimensioni la cui lettura antropologica è comprensibile se si creano raccordi di natura archeologica) è un problema sempre attuale ed è costantemente vitale per la difesa dell'identità di un popolo. Ma non bisogna smettere di confrontarsi con i sistemi alloglotti che sono presenti sul territorio nazionale. Parto dal presupposto che ogni discorso riferito a realtà etniche deve fare i conti con tradizioni pregresse che hanno interessato le civiltà di cui si studiano i processi e le appartenenze. Dal momento che i fenomeni etnici sono complessi culturali, linguistici, identitari che hanno bisogno di valenze antropologiche che permettono di "scavare" nel di dentro dell’anima dei popoli, non si possono trascurare, all’interno del fattore antropologico, le radici che hanno richiami a ciò che può essere definito pre - storia, ovvero archeologia.
La presenza archeologica nei contesti territoriali con comunità di minoranze etnico - linguistiche non può non aver influito nella formazione e nello sviluppo di tali comunità. Ed è chiaro che la storia del linguaggio, della struttura abitativa, dei costumi (come anche usanza e modello di vita) trovano nella lettura del territorio (sul piano, appunto, di una visione e di un approfondimento di tipo archeologico) un ancoraggio scientifico di non poco interesse e di rinnovata revisione. Proprio sul piano linguistico una comparazione di interpretazione potrebbe offrire stimoli e conoscenze comparate.
Il caso della storia e della cultura, in senso complessivo, italo - albanese si presterebbe ad una valutazione che non è da scandagliare solo in una dimensione antropologica o letteraria ma la verifica di un approfondimento sull’identità illirica creerebbe delle spinte intorno a processi che sono di natura archeologica. Non bisognerebbe risalire alle prime presenze Arbëreshe prendendo come testimonianze le storiche sette fasi migratorie ma indagare sul perché gli albanesi trovano un riferimento identitario in quell’arco geografico che è l’Italia meridionale. Quell’Italia meridionale che è stata anima e geografia della Magna Grecia.
Siamo nel campo archeologico se penetriamo il tessuto storico magno - greco. Ma non è un caso che le comunità arbëreshe si insediano proprio all’interno dello stesso asse geografico. Oltre alla lingua ci sono insistenze territoriali che fanno aprire un percorso non solo nuovo ma articolato tra il valore etnico nelle comunità cosiddette minoritarie e un approfondimento archeologico. Lo stesso discorso si potrebbe fare per le comunità grecaniche del Salento e della Calabria. Un riferimento da non trascurare sono gli Occitani della Calabria, situati un una area del Tirreno.
La storia delle minoranze etnico – linguistiche è una storia che ha vissuto stagioni di grandi conflittualità e di confronti sul piano storico, ma anche di importanti fasi in cui il senso dell'identità viene ad essere assorbito come modello di ereditarismo nella consapevolezza anche di una nobiltà e dignità culturale. La cultura popolare e i codici dell’appartenenza (anche attraverso una analisi archeologica e antropologica delle presenze documentarie che incidono sul territori) è un elemento fondamentale perché grazie ad essa la storia si intreccia con il mito, con fattori etnici, con elementi archeologici e artistici, con la ricerca sul campo. Gli archetipi, che sono il vissuto ma anche la presenza delle etnie, si lasciano ascoltare come modello identitario in una dimensione nazionale.
I paesi di minoranza etnico - linguistica sono una testimonianza vivificante. Ma ci sono anche comunità, in questo contesto, che nel corso dei secoli hanno perso la loro originaria appartenenza. L’aspetto etnico (proprio riferito alle minoranze culturali presenti in Italia e catalogate secondo la normativa vigente) potrà trovare una lettura completa (ma anche comparata dal punto di vista sia scientifico che didattico) attraverso il coinvolgimento di uno studio su elementi e processi che interessano anche gli aspetti archeologici. In fondo studiare alcuni modelli archeologici potrà costituire un inciso interpretativo fondamentale anche dal punto di vista linguistico. Alcune delle comunità interessate hanno delle radici che rimandano ad una visione che potrebbe interessare lo studio dei popoli e delle civiltà in un versante in cui l’archeologia potrebbe dare un contributo importante e, a volte, decisivo.
Il problema della lingua (ma la provenienza di un popolo richiama legami che sono, chiaramente, di identità ma anche di collocazione all’interno dei territori i quali si mostrano con dimensioni la cui lettura antropologica è comprensibile se si creano raccordi di natura archeologica) è un problema sempre attuale ed è costantemente vitale per la difesa dell'identità di un popolo. Ma non bisogna smettere di confrontarsi con i sistemi alloglotti che sono presenti sul territorio nazionale. Parto dal presupposto che ogni discorso riferito a realtà etniche deve fare i conti con tradizioni pregresse che hanno interessato le civiltà di cui si studiano i processi e le appartenenze. Dal momento che i fenomeni etnici sono complessi culturali, linguistici, identitari che hanno bisogno di valenze antropologiche che permettono di "scavare" nel di dentro dell’anima dei popoli, non si possono trascurare, all’interno del fattore antropologico, le radici che hanno richiami a ciò che può essere definito pre - storia, ovvero archeologia.
La presenza archeologica nei contesti territoriali con comunità di minoranze etnico - linguistiche non può non aver influito nella formazione e nello sviluppo di tali comunità. Ed è chiaro che la storia del linguaggio, della struttura abitativa, dei costumi (come anche usanza e modello di vita) trovano nella lettura del territorio (sul piano, appunto, di una visione e di un approfondimento di tipo archeologico) un ancoraggio scientifico di non poco interesse e di rinnovata revisione. Proprio sul piano linguistico una comparazione di interpretazione potrebbe offrire stimoli e conoscenze comparate.
Il caso della storia e della cultura, in senso complessivo, italo - albanese si presterebbe ad una valutazione che non è da scandagliare solo in una dimensione antropologica o letteraria ma la verifica di un approfondimento sull’identità illirica creerebbe delle spinte intorno a processi che sono di natura archeologica. Non bisognerebbe risalire alle prime presenze Arbëreshe prendendo come testimonianze le storiche sette fasi migratorie ma indagare sul perché gli albanesi trovano un riferimento identitario in quell’arco geografico che è l’Italia meridionale. Quell’Italia meridionale che è stata anima e geografia della Magna Grecia.
Siamo nel campo archeologico se penetriamo il tessuto storico magno - greco. Ma non è un caso che le comunità arbëreshe si insediano proprio all’interno dello stesso asse geografico. Oltre alla lingua ci sono insistenze territoriali che fanno aprire un percorso non solo nuovo ma articolato tra il valore etnico nelle comunità cosiddette minoritarie e un approfondimento archeologico. Lo stesso discorso si potrebbe fare per le comunità grecaniche del Salento e della Calabria. Un riferimento da non trascurare sono gli Occitani della Calabria, situati un una area del Tirreno.