La mancanza non ha l'attesa del sorriso e mia madre e mio padre continuano a morire
di Pierfranco Bruni
di Pierfranco Bruni
Mia madre e mio padre si sono sposati nel 1949. Erano innamoratissimi. Hanno abitato subito la casa paterna. Poi si sono trasferiti nella casa di via Carmelitani.
Il tempo passa e diventa memoria. Avrei fatto bene a non cominciare questo libro.
O forse no. Se non avessi scritto questo libro avrei smesso proprio di scrivere. Sarebbe stato meglio. Avrei cambiato mestiere e dal momento che sono tra le parole e in loro mi perdo e non è detto che possa ritrovarmi.
Mia madre si chiamava Maria e mio padre Virgilio Italo, ma in paese lo chiamavano tutti Italino. Nel 1950 nasce mia sorella Giulia e cinque anni dopo arrivo io. Mio padre è morto cercando nel labirinto della sua mente sette stanze e chiedeva di essere portato all'ultimo piano dell'ultimo stanza. Quella più in alto. È un segnale o un viaggio tra simboli che ancora non ho risolto.
Mia madre resta un capitolo confuso nella mia mente. È morta mentre stavo per raggiungerla per un semplice saluto. La notizia della sua morte mi ha sorpreso.
Ero con Micol in auto quando è arrivata la notizia della sua morte. La stavo raggiungendo per un semplice saluto. Finirò di scrivere questo libro, devo scriverlo? Ho necessità. Per me e per loro. La morte di mia madre mi porta a confrontarmi con l'assenza ogni giorno.
Assenza e mancanza.
Vorrei poterle chiedere di non morire più e di entrare ogni tanto nella mia stanza portandomi così come faceva il caffè. Come faceva anche mio padre la mattina presto per darmi il buongiorno. Sentivo il suo passo lento cadenzato trascinato.
Cerco di contare quante volte è rimasto seduto su uno spigolo di letto in attesa che finissi il mio caffè per portare via la tazza vuota. È come se sentissi il suo passo. Lento cadenzato strascicante.
Di mia madre parlerò più avanti. Non riesco ancora a capire la sua morte. Delirio e deserto. Sono impegnato molto impegnato a custodire la sua immagine. Mi attraversa come nuvola e come disperazione.
Mio padre e mia madre hanno abitato sempre la casa dove io sono nato. I piani bassi raccoglievano la loro vita e sono stati lì sino al giorno in cui mio padre una mattina non è riuscito più ad alzarsi. La vita ci porta a guardare sino in fondo le ore che passano e ho notato che nulla è mutato.
Sulla parete il calendario porta la data di quel mese e dell'anno. Ed ora mia madre mi racconta. Non si è stancata di raccontarmi. Ci sono favole e destini. Io ascolterò. Li ascolto in ogni istante mentre il vento della soffitta porta sapore di sale sulle labbra.
Il tempo passa e diventa memoria. Avrei fatto bene a non cominciare questo libro.
O forse no. Se non avessi scritto questo libro avrei smesso proprio di scrivere. Sarebbe stato meglio. Avrei cambiato mestiere e dal momento che sono tra le parole e in loro mi perdo e non è detto che possa ritrovarmi.
Mia madre si chiamava Maria e mio padre Virgilio Italo, ma in paese lo chiamavano tutti Italino. Nel 1950 nasce mia sorella Giulia e cinque anni dopo arrivo io. Mio padre è morto cercando nel labirinto della sua mente sette stanze e chiedeva di essere portato all'ultimo piano dell'ultimo stanza. Quella più in alto. È un segnale o un viaggio tra simboli che ancora non ho risolto.
Mia madre resta un capitolo confuso nella mia mente. È morta mentre stavo per raggiungerla per un semplice saluto. La notizia della sua morte mi ha sorpreso.
Ero con Micol in auto quando è arrivata la notizia della sua morte. La stavo raggiungendo per un semplice saluto. Finirò di scrivere questo libro, devo scriverlo? Ho necessità. Per me e per loro. La morte di mia madre mi porta a confrontarmi con l'assenza ogni giorno.
Assenza e mancanza.
Vorrei poterle chiedere di non morire più e di entrare ogni tanto nella mia stanza portandomi così come faceva il caffè. Come faceva anche mio padre la mattina presto per darmi il buongiorno. Sentivo il suo passo lento cadenzato trascinato.
Cerco di contare quante volte è rimasto seduto su uno spigolo di letto in attesa che finissi il mio caffè per portare via la tazza vuota. È come se sentissi il suo passo. Lento cadenzato strascicante.
Di mia madre parlerò più avanti. Non riesco ancora a capire la sua morte. Delirio e deserto. Sono impegnato molto impegnato a custodire la sua immagine. Mi attraversa come nuvola e come disperazione.
Mio padre e mia madre hanno abitato sempre la casa dove io sono nato. I piani bassi raccoglievano la loro vita e sono stati lì sino al giorno in cui mio padre una mattina non è riuscito più ad alzarsi. La vita ci porta a guardare sino in fondo le ore che passano e ho notato che nulla è mutato.
Sulla parete il calendario porta la data di quel mese e dell'anno. Ed ora mia madre mi racconta. Non si è stancata di raccontarmi. Ci sono favole e destini. Io ascolterò. Li ascolto in ogni istante mentre il vento della soffitta porta sapore di sale sulle labbra.