L'Africa è nella Medina della Sicilia con le voci e il suono di Pirandello
di Pierfranco Bruni
di Pierfranco Bruni
Pirandello aveva vissuto in un mondo sospeso. La Sicilia ha storia araba e gli Orienti si intrecciano.
L'Africa è un costante respiro. Di luoghi di sapori di odori e il mare ha il blu del profondo che scava nei solchi delle memorie.
Forse la sintesi di tutto si trova in Tomasi di Lampedusa. Abitando l'isola vedo i Gattopardo e i Sedara. Tutto è antropologia.
La lingua non è un linguaggio. È una parlata. La parlata è uno sguardo. La Sicilia di Pirandello non è soltanto una terra.
È una civiltà che raccoglie le terre e il mare.
Mi portano richiami di Tunisi del Marocco di Algeri. Le vie di questo luogo sono di fronte alle Afriche. La Sicilia. È fatta di Medine. Di notte più che di giorno.
La gente porta il riso non il sorriso. La tragedia nelle ironie. Sono e si sentono il sale del mondo diceva don Fabrizio tra le pagine del "Gattopardo". I siciliani sono l'ultimo popolo insieme ai calabresi che hanno la dignità della tradizione come modello di una antropologia dell'umanesimo.
Qui la santità è santità. Non cattolicesimo. Il cattolicesimo è sempre piu ambiguità. La magia è alchimia. Alchimia e mistero sono i due cammini che non raccolgono retoriche. Io raccolgo le voci e i simboli di Pirandello che va oltre Verga e disegna i simboli senza alcuna matita.
Le notti hanno il suono di Asmara e i volti sono abbronzati con il sole degli inverni. Tutto si comprende senza spiegazioni o giustificazioni. La tristezza non aleggia mai. Tutto è pazienza ma anche oblio.
La Sicilia come la Calabria.
È un appuntamento da favola nella leggenda. Qui realmente si può essere centomila per le epoche che si attraversano e si può essere uno perché si mescolano nell'uno che si cerca in noi. Il nessuno resta sempre l'Ulisse che può essere il nulla ma anche l'appuntamento con la Eredità.
Fedele appuntamento.
La metafora è il centro. Un infinito che è un "travagliare" di sguardi. Ho visto il teschio di Sant'Anna nella cappella del castello di Castelbuono. Il mistero e il sacro. Qui smetto di scrivere.
L'archeologo è anche antropologo. Bisogna scendere nelle etnie per capire i popoli e le civiltà.
Pirandello non è stato soltanto uno scrittore. È archeologia della inquietudine del pensiero. Il tragico e la follia sono maschera ma anche memoria.
Ho visto la Cappadocia nella Cappadocia e l'ho ritrovata nell'isola con i Camini delle fate. Si è mercanti. Di stoffe di seta di lino. Si è mercanti di mare di storie.
Ma le storie sono magia.
Restano le eredità. Girgenti è una casa che custodisce la soffitta della sua anima. Vive di odori di sale. Il resto non ho destino. Pirandello inventa la metafora della realtà e recupera la realtà allegorica nella metafora.
Ho le parole che raccontano. Ogni personaggio pirandelliano non è un assurdo. È enigma. Forse diventa metamorfosi. Kafka e Ovidio. Pirandello è uno scalatore di Ovidio per il suo amore e la sensualità onirica e tragica. Marta Abba. Una donna. Una vita. La scrittura. Ma è un Novecento che abbandona completamente l'Illuminismo.
L'Africa è un costante respiro. Di luoghi di sapori di odori e il mare ha il blu del profondo che scava nei solchi delle memorie.
Forse la sintesi di tutto si trova in Tomasi di Lampedusa. Abitando l'isola vedo i Gattopardo e i Sedara. Tutto è antropologia.
La lingua non è un linguaggio. È una parlata. La parlata è uno sguardo. La Sicilia di Pirandello non è soltanto una terra.
È una civiltà che raccoglie le terre e il mare.
Mi portano richiami di Tunisi del Marocco di Algeri. Le vie di questo luogo sono di fronte alle Afriche. La Sicilia. È fatta di Medine. Di notte più che di giorno.
La gente porta il riso non il sorriso. La tragedia nelle ironie. Sono e si sentono il sale del mondo diceva don Fabrizio tra le pagine del "Gattopardo". I siciliani sono l'ultimo popolo insieme ai calabresi che hanno la dignità della tradizione come modello di una antropologia dell'umanesimo.
Qui la santità è santità. Non cattolicesimo. Il cattolicesimo è sempre piu ambiguità. La magia è alchimia. Alchimia e mistero sono i due cammini che non raccolgono retoriche. Io raccolgo le voci e i simboli di Pirandello che va oltre Verga e disegna i simboli senza alcuna matita.
Le notti hanno il suono di Asmara e i volti sono abbronzati con il sole degli inverni. Tutto si comprende senza spiegazioni o giustificazioni. La tristezza non aleggia mai. Tutto è pazienza ma anche oblio.
La Sicilia come la Calabria.
È un appuntamento da favola nella leggenda. Qui realmente si può essere centomila per le epoche che si attraversano e si può essere uno perché si mescolano nell'uno che si cerca in noi. Il nessuno resta sempre l'Ulisse che può essere il nulla ma anche l'appuntamento con la Eredità.
Fedele appuntamento.
La metafora è il centro. Un infinito che è un "travagliare" di sguardi. Ho visto il teschio di Sant'Anna nella cappella del castello di Castelbuono. Il mistero e il sacro. Qui smetto di scrivere.
L'archeologo è anche antropologo. Bisogna scendere nelle etnie per capire i popoli e le civiltà.
Pirandello non è stato soltanto uno scrittore. È archeologia della inquietudine del pensiero. Il tragico e la follia sono maschera ma anche memoria.
Ho visto la Cappadocia nella Cappadocia e l'ho ritrovata nell'isola con i Camini delle fate. Si è mercanti. Di stoffe di seta di lino. Si è mercanti di mare di storie.
Ma le storie sono magia.
Restano le eredità. Girgenti è una casa che custodisce la soffitta della sua anima. Vive di odori di sale. Il resto non ho destino. Pirandello inventa la metafora della realtà e recupera la realtà allegorica nella metafora.
Ho le parole che raccontano. Ogni personaggio pirandelliano non è un assurdo. È enigma. Forse diventa metamorfosi. Kafka e Ovidio. Pirandello è uno scalatore di Ovidio per il suo amore e la sensualità onirica e tragica. Marta Abba. Una donna. Una vita. La scrittura. Ma è un Novecento che abbandona completamente l'Illuminismo.