Madre mia, come è possibile che il tempo si sia consumato nella fretta dello scorrere delle parole
Cosa raccontare ancora, madre mia? Una storia che se ne va e lascia coriandoli di silenzio lungo la strada della memoria?
Io consumo distanze e sono sempre in viaggio tra parole depositate e cifre di tempo che occupano la mia tenda.
Ti sento sempre triste. Hai una malinconia che è oblio da quando papà non c’è più. Tu non fai altro che giocare a carte, e non conosci il gioco delle carte, i minuti, le ore, i giorni quando poi sono soltanto gli attimi che si raccolgono nella mia pesantezza di marinaio viaggiatore e sempre assente.
Ti ho detto, l’altra sera, che io ho sempre bisogno di te.
Ti vedo e ti sento in quella nostra grande casa di paese dove era un fiorire di gerani di rose di orchidee…
Ricordi cosa diceva papà?
Quando io non ci sarò più chi mai curerà più questo giardino…
Ma cosa raccontare ancora se per una vita ho raccontato di voi, di me, dei destini che si incrociano e chi sta fuori dal nostro destino non potrà mai capire quei legami di sangue che sono la vita.
Madre mia, come è possibile che il tempo si sia consumato nella fretta dello scorrere delle parole eppure siamo lontani nel toccarci le mani, nel farci una carezza, nella stretta di un sorriso e ti avverto dalla voce che ha echi struggenti di depositate nostalgie, mentre tu ancora mi racconti, in quella nostra grande casa di paese dove tutto sembra sia fermato…
Ti sento sempre triste. Hai una malinconia che è oblio da quando papà non c’è più. Tu non fai altro che giocare a carte, e non conosci il gioco delle carte, i minuti, le ore, i giorni quando poi sono soltanto gli attimi che si raccolgono nella mia pesantezza di marinaio viaggiatore e sempre assente.
Ti ho detto, l’altra sera, che io ho sempre bisogno di te.
Ti vedo e ti sento in quella nostra grande casa di paese dove era un fiorire di gerani di rose di orchidee…
Ricordi cosa diceva papà?
Quando io non ci sarò più chi mai curerà più questo giardino…
Ma cosa raccontare ancora se per una vita ho raccontato di voi, di me, dei destini che si incrociano e chi sta fuori dal nostro destino non potrà mai capire quei legami di sangue che sono la vita.
Madre mia, come è possibile che il tempo si sia consumato nella fretta dello scorrere delle parole eppure siamo lontani nel toccarci le mani, nel farci una carezza, nella stretta di un sorriso e ti avverto dalla voce che ha echi struggenti di depositate nostalgie, mentre tu ancora mi racconti, in quella nostra grande casa di paese dove tutto sembra sia fermato…
Attraverso le giornate come se fossero un vento e ogni sguardo fisso nell’orizzonte ha lo sguardo che tramonta nel tramonto della palma, dei limoni, delle arance con il passo lento delle tartarughe che hanno preferito raggiungere papà verso una terza via…
Quella terza via che, inevitabilmente, ha lo spazio della solitudine.
Ti sento, a volte, rassegnata ma hai sempre una forza della donna coraggio che sfidava le tempeste per essere al centro dei nostri giorni.
Tu una matriarca, sempre di me orgogliosa e fiera, e papà, che gli luccicavano gli occhi ogni qualvolta mi vedeva in televisione, un combattente.
Come sono passati quegli anni ed ora siamo rimasti soli io e te a raccogliere i cocci di una storia e tutto il resto ha i colori del crepuscolo. Non voglio parlarti di altro, come ben sai perché non esiste altro nonostante il tuo dolore e la tua angoscia, e tu non mi parlare di altro perché tu sai bene che ci sono legami di sangue e legami che soffiano la sabbia per annebbiare la vista.
Noi siamo sangue e non sabbia.
Cerco di mettere insieme alcuni tasselli e papà manca ai nostri appuntamenti in quelle poche ore che trascorro con te quando ritorno nella nostra casa. Io sono invecchiato con il vostro pensiero tra i miei pensieri, perché è in voi il mio radicamento come nei miei figli è una provvidenza che chiede sempre più futuro.
Tutto invecchia. Certamente. Ma ci sono fili di corallo che non invecchiano mai. Si perdono ad uno a uno i coralli e tra le aiuole incidono un segno come scavi di grandine.
Quella terza via che, inevitabilmente, ha lo spazio della solitudine.
Ti sento, a volte, rassegnata ma hai sempre una forza della donna coraggio che sfidava le tempeste per essere al centro dei nostri giorni.
Tu una matriarca, sempre di me orgogliosa e fiera, e papà, che gli luccicavano gli occhi ogni qualvolta mi vedeva in televisione, un combattente.
Come sono passati quegli anni ed ora siamo rimasti soli io e te a raccogliere i cocci di una storia e tutto il resto ha i colori del crepuscolo. Non voglio parlarti di altro, come ben sai perché non esiste altro nonostante il tuo dolore e la tua angoscia, e tu non mi parlare di altro perché tu sai bene che ci sono legami di sangue e legami che soffiano la sabbia per annebbiare la vista.
Noi siamo sangue e non sabbia.
Cerco di mettere insieme alcuni tasselli e papà manca ai nostri appuntamenti in quelle poche ore che trascorro con te quando ritorno nella nostra casa. Io sono invecchiato con il vostro pensiero tra i miei pensieri, perché è in voi il mio radicamento come nei miei figli è una provvidenza che chiede sempre più futuro.
Tutto invecchia. Certamente. Ma ci sono fili di corallo che non invecchiano mai. Si perdono ad uno a uno i coralli e tra le aiuole incidono un segno come scavi di grandine.
Ho tentato di ricostruire la storia dei cinque fratelli ed ho solcato tutto ciò che la mia memoria ha cucito e ricucito e tu mi hai suggerito alcuni percorsi.
Il libro è finito. Non ha importanza se verrà pubblicato o meno. C’è. E ci sono verità. Non solo il destino e gli amori dei cinque fratelli. C’è anche la nostra storia. Quella tua con me. Quella tua con papà e quella nostra e il resto è un cielo spezzato che un giorno conosceremo, perché la pioggia non sempre porta tempesta, ma anche una leggera pioggia come nei giorni di marzo.
Ci sono verità che papà mi ha raccontato ed io ho raccolto e poi trascritto nelle pagine di un quaderno con la copertina nera. Il solito quaderno.
Tu hai la voce della solitudine in quella nostra casa di paese ed io ti telefono cento volte al giorno soltanto per sentire la tua voce, l’eco della tua voce, il tuo richiamo, il tuo respiro, il mio richiamo di una eredità fatta solo di sangue. La nostra eredità è una eredità di sangue che nessuno potrà mai spezzare e neppure sfidare. Perché in te il mio inizio che con papà avete scavato nel mio viaggio che continuerà nei miei figli.
Cosa raccontarti ancora? La nostra storia? Io dovrò avere ancora il tempo di scrivere un altro libro che ha un appuntamento dettato da un sogno che è amore.
Soltanto amore e con l’amore le distanze i segreti le lontananze non hanno mai incisi miserevoli.
Le foglie delle piante del giardino portano la rugiada di notte e nell’aurora hanno ancora il riflesso della luna. Vicino al castello le civette recitano e il vento è soltanto un urlo. Questo mio paese del vento mi porta voci che sono il resto di una malinconia.
Io non sono più quel ragazzo che correva con una millecento rossa tra un’estate di fuoco e una primavera di margherite e le serate diventate corte nel corteggiare la notte che si apre alle albe.
Io non sono più il ragazzo che tornava con il sorriso e ripartiva con la velocità di un’aquila. Dell’aquila mi è rimasto soltanto la solitudine del volo in un planare che ha memorie e poi papà andandosene mi ha fatto un dono molto caro: la pazienza.
La sua pazienza è diventata la mia passeggiata tra gli anni, mentre tu resti lì, in quella grande casa di paese, a raccogliere coriandoli di ricordi. Ricordi le nevicate che coprivano tutto il giardino? O le estati che avevano la fiamma del dio del sole?
Ma ora basta con questo rincorrere ricordi nostalgie tempo… tu sai che io non ho mai amato i rimpianti e nulla ho da rimpiangere perché tra le pieghe della mia anima ci sei tu, sempre ci sei stata mia cara madre, papà che è andato via senza aspettarmi o io non sono arrivato nel momento in cui c’era quella parola, l’ultima parola, per affidarsi ad una partenza. E noi restiamo destino…
Tu ci sei ed io sono qui. Nonostante i tanti attraversamenti della mia vita custodisco i giochi del nostro esistere.
Noi siamo legami di sangue e il tempo non è un infinito che vive di attese. Siamo noi ad essere un’attesa tra gli appuntamenti che ci incontrano.
Ho negli occhi la palma tagliata nei giorni in cui papà si preparava al viaggio e tu, incredula a tutto ciò che accadeva in quella grande casa di paese, restavi accanto, nelle notti, sino al respiro del camminamento ultimo, che siglano l’indelebili in me in te... in questo nostro tempo che è ormai indefinibile!
Ed ora scusami per questo mio scrivere che non conosce la grammatica della punteggiatura. Io non ho rispettato mai la grammatica, la sintassi, l’ortografia della conquista della lingua.
I miei docenti del liceo, tranne tre, in cinque anni non mi hanno lasciato nulla e sono felice per questo… dignitosamente felice… nonostante le vostre preoccupazioni e le sgridate dure di zio Mariano…
Chi ama per scrivere e chi scrive per raccontare l’amore ha il destino di giocarsi la parola sul linguaggio della volontà dell’anima e l’anima è una metafisica irrispettosa dello scrivere corretto…
Io sono scorretto e soddisfatto di non aver seguito alcuni docenti di antologie senza pensiero… e voglio restare tale nonostante tutto…
E continuo a giocarmi, come te madre, la vita tra una partita a carte e uno squarcio di orizzonte che mi indica la strada del mio paese…
In quel paese non si contano più le ore ma le stagioni…
Il libro è finito. Non ha importanza se verrà pubblicato o meno. C’è. E ci sono verità. Non solo il destino e gli amori dei cinque fratelli. C’è anche la nostra storia. Quella tua con me. Quella tua con papà e quella nostra e il resto è un cielo spezzato che un giorno conosceremo, perché la pioggia non sempre porta tempesta, ma anche una leggera pioggia come nei giorni di marzo.
Ci sono verità che papà mi ha raccontato ed io ho raccolto e poi trascritto nelle pagine di un quaderno con la copertina nera. Il solito quaderno.
Tu hai la voce della solitudine in quella nostra casa di paese ed io ti telefono cento volte al giorno soltanto per sentire la tua voce, l’eco della tua voce, il tuo richiamo, il tuo respiro, il mio richiamo di una eredità fatta solo di sangue. La nostra eredità è una eredità di sangue che nessuno potrà mai spezzare e neppure sfidare. Perché in te il mio inizio che con papà avete scavato nel mio viaggio che continuerà nei miei figli.
Cosa raccontarti ancora? La nostra storia? Io dovrò avere ancora il tempo di scrivere un altro libro che ha un appuntamento dettato da un sogno che è amore.
Soltanto amore e con l’amore le distanze i segreti le lontananze non hanno mai incisi miserevoli.
Le foglie delle piante del giardino portano la rugiada di notte e nell’aurora hanno ancora il riflesso della luna. Vicino al castello le civette recitano e il vento è soltanto un urlo. Questo mio paese del vento mi porta voci che sono il resto di una malinconia.
Io non sono più quel ragazzo che correva con una millecento rossa tra un’estate di fuoco e una primavera di margherite e le serate diventate corte nel corteggiare la notte che si apre alle albe.
Io non sono più il ragazzo che tornava con il sorriso e ripartiva con la velocità di un’aquila. Dell’aquila mi è rimasto soltanto la solitudine del volo in un planare che ha memorie e poi papà andandosene mi ha fatto un dono molto caro: la pazienza.
La sua pazienza è diventata la mia passeggiata tra gli anni, mentre tu resti lì, in quella grande casa di paese, a raccogliere coriandoli di ricordi. Ricordi le nevicate che coprivano tutto il giardino? O le estati che avevano la fiamma del dio del sole?
Ma ora basta con questo rincorrere ricordi nostalgie tempo… tu sai che io non ho mai amato i rimpianti e nulla ho da rimpiangere perché tra le pieghe della mia anima ci sei tu, sempre ci sei stata mia cara madre, papà che è andato via senza aspettarmi o io non sono arrivato nel momento in cui c’era quella parola, l’ultima parola, per affidarsi ad una partenza. E noi restiamo destino…
Tu ci sei ed io sono qui. Nonostante i tanti attraversamenti della mia vita custodisco i giochi del nostro esistere.
Noi siamo legami di sangue e il tempo non è un infinito che vive di attese. Siamo noi ad essere un’attesa tra gli appuntamenti che ci incontrano.
Ho negli occhi la palma tagliata nei giorni in cui papà si preparava al viaggio e tu, incredula a tutto ciò che accadeva in quella grande casa di paese, restavi accanto, nelle notti, sino al respiro del camminamento ultimo, che siglano l’indelebili in me in te... in questo nostro tempo che è ormai indefinibile!
Ed ora scusami per questo mio scrivere che non conosce la grammatica della punteggiatura. Io non ho rispettato mai la grammatica, la sintassi, l’ortografia della conquista della lingua.
I miei docenti del liceo, tranne tre, in cinque anni non mi hanno lasciato nulla e sono felice per questo… dignitosamente felice… nonostante le vostre preoccupazioni e le sgridate dure di zio Mariano…
Chi ama per scrivere e chi scrive per raccontare l’amore ha il destino di giocarsi la parola sul linguaggio della volontà dell’anima e l’anima è una metafisica irrispettosa dello scrivere corretto…
Io sono scorretto e soddisfatto di non aver seguito alcuni docenti di antologie senza pensiero… e voglio restare tale nonostante tutto…
E continuo a giocarmi, come te madre, la vita tra una partita a carte e uno squarcio di orizzonte che mi indica la strada del mio paese…
In quel paese non si contano più le ore ma le stagioni…