Nel Regno di Napoli la storia delle famiglie tra aristocrazia, mondo cattolico e borghesia
di Micol Bruni
Nella storia del Regno di Napoli si sono consumate divisioni non solo politiche, ma anche religiose che hanno visto al centro famiglie di tradizione borbonica e famiglie con tessuti storici liberali e realtà con eredità massoniche.
In questo Sud immenso e immerso l’Unità d’Italia si è spesa e si è sviluppata nell’inquietudine di lotte interne nei territori e diaspore tra famiglie che hanno caratterizzato i rapporti tra i ruoli istituzionali, come le municipalizzazioni, il clero, le aristocrazie e il Regno delle Due Sicilie prima, e quello di Napoli successivamente.
di Micol Bruni
Nella storia del Regno di Napoli si sono consumate divisioni non solo politiche, ma anche religiose che hanno visto al centro famiglie di tradizione borbonica e famiglie con tessuti storici liberali e realtà con eredità massoniche.
In questo Sud immenso e immerso l’Unità d’Italia si è spesa e si è sviluppata nell’inquietudine di lotte interne nei territori e diaspore tra famiglie che hanno caratterizzato i rapporti tra i ruoli istituzionali, come le municipalizzazioni, il clero, le aristocrazie e il Regno delle Due Sicilie prima, e quello di Napoli successivamente.
Il tutto all’interno di un processo che ha cercato di legare la Rivoluzione francese con la Rivoluzione napoletana. Napoli restava, comunque, il centro dal quale si governavano i territori e si gestivano.
Il mondo ecclesiastico ebbe un ruolo notevole e caratterizzante. Lo ebbe nella fase pre unitaria, nella fase di rivolta della scesa di Garibaldi nelle Calabrie e nella contestualizzazione del Regno sui Bastioni di Gaeta con Maria Sofia, l’ultima regina del Sud.
Ci sono state famiglie che hanno svolto una funzione “particolare”.
A Spezzano Albanese la famiglia Guaglianone ebbe un ruolo strategico sia dal punto di vista di una assestata aristocrazia, sempre alla ricerca di nuovi consolidamenti e sodalizi parentali, sia dal punto di vista del posizionamento, nel territorio, con la Chiesa.
Lo ebbe anche nel momento in cui si manifestò come polo filo borbonico in un tempo di scontro tra la monarchia e i liberali e i “rivoluzionari”. Mantenne sempre la sua fedeltà ad una tradizione che era, appunto, quella della difesa di un Regno di Napoli sotto la guida del Borbone.
Da una parte, dunque, la discendenza aristocratica, che, successivamente, si imparenta con la nobiltà dei Gaudinieri di Acri, dall’altra l’esercizio di una presenza costante all’interno della realtà ecclesiastica.
Infatti già nel 1845 don Ferdinando Guaglianone viene nominato arciprete di Spezzano Albanese. Erano gli anni in cui era arcivescovo Pietro Cilento, di chiara tradizione borbonica. Ma erano anche gli anni in cui il “modello” dei Sanfedisti reagiva ad ogni forma laicista e liberale.
La famiglia Guaglianone, oltre ad essere un ceppo filo borbonico, era anche fortemente ancorata, per tradizione, al mondo sanfedista. Proprio intorno a quegli anni (ovvero se si legge in una forbice che va dal 1844 al 1850 è ben visibilmente interpretato il contesto storico), sempre a Spezzano, fu eletto sindaco, nel 1850, Nicola Guaglianone, che subentra al liberale Francesco Candreva, il quale venne addirittura destituito.
L’arciprete don Ferdinando Guaglianone muore il 26 febbraio del 1852. Per il mondo filo borbonico è una fase complicata e non attraversata da contraddizioni e confusioni anche nel mantenere i legami con il Regno.
Soltanto nel 1874, siamo già nella stagione del dopo Porta Pia, un altro Guaglianone sarà nominato arciprete. Si tratta di don Peppino Guaglianone che venne nominato arciprete, appunto, nel 1874 e rimase parroco sino al 1901, quando gli subentrò il fratello don Ferdinando junior.
C’è da sottolineare che don Peppino rimase sempre fedele alla tradizione borbonica, nonostante il contesto politico completamente mutato e rimase a Spezzano per ben 27 anni. Forte della sua appartenenza ad una famiglia aristocratica e devoto alla realtà del paese, nonostante non siano mancanti i contrati che avevano, comunque, sempre una matrice politica, svolse un ruolo importante per la crescita religiosa della comunità.
Una funzione rilevante la ebbe, soprattutto per i mutamenti maggiori della temperie storica, il Guaglianone junior. Una personalità spiccata e culturalmente elevata. Scrisse poesie, ricordi, discorsi, saggi vari. Era nato il 1843, figlio di Salvatore e Angela Guaglianone. La morte lo colse nel 1927. Tra le opere che lasciò a Spezzano, ci fu quella delle suore salesiane che per merito suo si stanziarono a Spezzano provenienti da Napoli. Il suo pensiero sacerdotale è, chiaramente, riscontrabile sia dalle opere sia dal suo scritto “Cari e mesti Ricordi”, che si fanno risalire al 1890.
Dunque la famiglia Guaglianone espresse tre sacerdoti.
1845 don Ferdinando senior e rimane sino al 1852.
1874 don Peppino sino al 1901.
Da questa data sino al 1927 subentra don Ferdinando junior.
In circa Ottant’anni (precisamente 82 anni) la famiglia Guaglianone, tranne delle fasi un po’ convulse, dominò, sempre nel segno della fedeltà alla tradizione borbonica e sanfedista, la cattolicità di Spezzano.
I Guaglianone si imparentano con i Gaudinieri.
Amalia Guaglianone sposa Mariano Gaudinieri. I Gaudinieri, nobile famiglia stemmata, sono l’espressione non solo di un ceppo nobile, ma anche borghese che trova, nella aristocrazia dei Guaglianone, un incontro determinante per unire due identità vicine alla Real Casa.
Entrambe profondamente legate alla storia cattolica della Calabria, anche i Gaudinieri hanno espresso presenze significative nel mondo sacerdotale e devoti a San Francesco di Paola oltre ad essere due famiglie, Gaudinieri e Guaglianone, con una caratura di tradizione ancorata nella professione giuridica.
I Gaudinieri provengono dal mondo nobile e giuridico. Ma tra i Guaglianone ci fu un riferimento forte che fu Agostino Guaglianone, avvocato oltre ad essere stato scrittore, zio di don Ferdinando junior.
Aristocrazia, nobiltà e cattolicesimo.
Tre elementi che sono stati dominanti nella storia di una comunità. I Gaudinieri, con Giulia, (figlia di Mariano Gaudinieri e Amalia Guaglianone) , sorella di Agostino, colonnello e decorato già nella Grande Guerra, Marietta e Domenico, si imparentano con i Bruni di San Lorenzo del Vallo.
Giulia sposa, infatti, Francesco Ermete Bruni, figlio di Adolfo e Maria Giuseppa Fortunata. La nobiltà che si lega ad una famiglia di possidenti e di commercianti che hanno dato una svolta al mercato e ai rapporti commerciali tra territorio e Regioni limitrofe.
Una famiglia filo borbonica e una famiglia vicina ai Savoia si ritrovano in un legame che diventerà profondo. Infatti proprio durante gli anni del Fascismo avranno un ruolo significativo in un rapporto tra mondo delle Istituzioni e gerarchie politiche e militari.
In loro resta sempre presente la devozione alla cattolicità, tanto che la figura di San Francesco di Paola resta un culto fondamentale. La proprietà toccata a Giulia Gaudinieri, andata sposa a Bruni Ermete Francesco, in Spezzano Albanese, Via Nazionale, trattasi di un Casino con appezzamento di terra in vigneto, in una nicchia, sul cornicione del cancello di ingresso, c’era una statua, come vero e proprio sede di culto, devozionale proprio di San Francesco di Paola, che risale al Diciannovesimo secolo.
Una storia che consolida le sue eredità nella stagione pre risorgimentale, le cui tradizioni hanno segni identitari più distanti nel tempo.
I Gaudinieri si radicano nell’età Barocca. I Guaglianone presentano la loro forte consistenza identitaria nei primi anni dell’Ottocento.
Due famiglie che si legano con i Bruni in un contesto che è quello del Risorgimento ancora da compiersi, ovvero i primissimi anni del Novecento i Bruni e i Gaudinieri segnano la continuità, di una famiglia, tra aristocrazia e borghesia.
Il mondo ecclesiastico ebbe un ruolo notevole e caratterizzante. Lo ebbe nella fase pre unitaria, nella fase di rivolta della scesa di Garibaldi nelle Calabrie e nella contestualizzazione del Regno sui Bastioni di Gaeta con Maria Sofia, l’ultima regina del Sud.
Ci sono state famiglie che hanno svolto una funzione “particolare”.
A Spezzano Albanese la famiglia Guaglianone ebbe un ruolo strategico sia dal punto di vista di una assestata aristocrazia, sempre alla ricerca di nuovi consolidamenti e sodalizi parentali, sia dal punto di vista del posizionamento, nel territorio, con la Chiesa.
Lo ebbe anche nel momento in cui si manifestò come polo filo borbonico in un tempo di scontro tra la monarchia e i liberali e i “rivoluzionari”. Mantenne sempre la sua fedeltà ad una tradizione che era, appunto, quella della difesa di un Regno di Napoli sotto la guida del Borbone.
Da una parte, dunque, la discendenza aristocratica, che, successivamente, si imparenta con la nobiltà dei Gaudinieri di Acri, dall’altra l’esercizio di una presenza costante all’interno della realtà ecclesiastica.
Infatti già nel 1845 don Ferdinando Guaglianone viene nominato arciprete di Spezzano Albanese. Erano gli anni in cui era arcivescovo Pietro Cilento, di chiara tradizione borbonica. Ma erano anche gli anni in cui il “modello” dei Sanfedisti reagiva ad ogni forma laicista e liberale.
La famiglia Guaglianone, oltre ad essere un ceppo filo borbonico, era anche fortemente ancorata, per tradizione, al mondo sanfedista. Proprio intorno a quegli anni (ovvero se si legge in una forbice che va dal 1844 al 1850 è ben visibilmente interpretato il contesto storico), sempre a Spezzano, fu eletto sindaco, nel 1850, Nicola Guaglianone, che subentra al liberale Francesco Candreva, il quale venne addirittura destituito.
L’arciprete don Ferdinando Guaglianone muore il 26 febbraio del 1852. Per il mondo filo borbonico è una fase complicata e non attraversata da contraddizioni e confusioni anche nel mantenere i legami con il Regno.
Soltanto nel 1874, siamo già nella stagione del dopo Porta Pia, un altro Guaglianone sarà nominato arciprete. Si tratta di don Peppino Guaglianone che venne nominato arciprete, appunto, nel 1874 e rimase parroco sino al 1901, quando gli subentrò il fratello don Ferdinando junior.
C’è da sottolineare che don Peppino rimase sempre fedele alla tradizione borbonica, nonostante il contesto politico completamente mutato e rimase a Spezzano per ben 27 anni. Forte della sua appartenenza ad una famiglia aristocratica e devoto alla realtà del paese, nonostante non siano mancanti i contrati che avevano, comunque, sempre una matrice politica, svolse un ruolo importante per la crescita religiosa della comunità.
Una funzione rilevante la ebbe, soprattutto per i mutamenti maggiori della temperie storica, il Guaglianone junior. Una personalità spiccata e culturalmente elevata. Scrisse poesie, ricordi, discorsi, saggi vari. Era nato il 1843, figlio di Salvatore e Angela Guaglianone. La morte lo colse nel 1927. Tra le opere che lasciò a Spezzano, ci fu quella delle suore salesiane che per merito suo si stanziarono a Spezzano provenienti da Napoli. Il suo pensiero sacerdotale è, chiaramente, riscontrabile sia dalle opere sia dal suo scritto “Cari e mesti Ricordi”, che si fanno risalire al 1890.
Dunque la famiglia Guaglianone espresse tre sacerdoti.
1845 don Ferdinando senior e rimane sino al 1852.
1874 don Peppino sino al 1901.
Da questa data sino al 1927 subentra don Ferdinando junior.
In circa Ottant’anni (precisamente 82 anni) la famiglia Guaglianone, tranne delle fasi un po’ convulse, dominò, sempre nel segno della fedeltà alla tradizione borbonica e sanfedista, la cattolicità di Spezzano.
I Guaglianone si imparentano con i Gaudinieri.
Amalia Guaglianone sposa Mariano Gaudinieri. I Gaudinieri, nobile famiglia stemmata, sono l’espressione non solo di un ceppo nobile, ma anche borghese che trova, nella aristocrazia dei Guaglianone, un incontro determinante per unire due identità vicine alla Real Casa.
Entrambe profondamente legate alla storia cattolica della Calabria, anche i Gaudinieri hanno espresso presenze significative nel mondo sacerdotale e devoti a San Francesco di Paola oltre ad essere due famiglie, Gaudinieri e Guaglianone, con una caratura di tradizione ancorata nella professione giuridica.
I Gaudinieri provengono dal mondo nobile e giuridico. Ma tra i Guaglianone ci fu un riferimento forte che fu Agostino Guaglianone, avvocato oltre ad essere stato scrittore, zio di don Ferdinando junior.
Aristocrazia, nobiltà e cattolicesimo.
Tre elementi che sono stati dominanti nella storia di una comunità. I Gaudinieri, con Giulia, (figlia di Mariano Gaudinieri e Amalia Guaglianone) , sorella di Agostino, colonnello e decorato già nella Grande Guerra, Marietta e Domenico, si imparentano con i Bruni di San Lorenzo del Vallo.
Giulia sposa, infatti, Francesco Ermete Bruni, figlio di Adolfo e Maria Giuseppa Fortunata. La nobiltà che si lega ad una famiglia di possidenti e di commercianti che hanno dato una svolta al mercato e ai rapporti commerciali tra territorio e Regioni limitrofe.
Una famiglia filo borbonica e una famiglia vicina ai Savoia si ritrovano in un legame che diventerà profondo. Infatti proprio durante gli anni del Fascismo avranno un ruolo significativo in un rapporto tra mondo delle Istituzioni e gerarchie politiche e militari.
In loro resta sempre presente la devozione alla cattolicità, tanto che la figura di San Francesco di Paola resta un culto fondamentale. La proprietà toccata a Giulia Gaudinieri, andata sposa a Bruni Ermete Francesco, in Spezzano Albanese, Via Nazionale, trattasi di un Casino con appezzamento di terra in vigneto, in una nicchia, sul cornicione del cancello di ingresso, c’era una statua, come vero e proprio sede di culto, devozionale proprio di San Francesco di Paola, che risale al Diciannovesimo secolo.
Una storia che consolida le sue eredità nella stagione pre risorgimentale, le cui tradizioni hanno segni identitari più distanti nel tempo.
I Gaudinieri si radicano nell’età Barocca. I Guaglianone presentano la loro forte consistenza identitaria nei primi anni dell’Ottocento.
Due famiglie che si legano con i Bruni in un contesto che è quello del Risorgimento ancora da compiersi, ovvero i primissimi anni del Novecento i Bruni e i Gaudinieri segnano la continuità, di una famiglia, tra aristocrazia e borghesia.