Un mio compagno di strada, scrittore che ha tanto amato Pirandello e il sogno, mi ha insegnato che “La favola della vita mi interessa più della vita”. Questo mio compagno di strada, che mi vive accanto da oltre quarant’anni, si chiama Corrado Alvaro.
Ho sempre ascoltato i maestri. Non mi sono mai piaciuti i gregari. La presunzione è distante dal mio viaggio e perché non mi interessano gli ignoranti.
Ho ascoltato la voce di Abshu nella notte: “Ci sono giorni che tremano nel mare grigio del meriggio che ha vento di Adriatico. Se non ti cerco non è perché l'infinito ha tracciato il deserto e so che non sei l'impossibile. Gli amori conoscono lo strazio ma perdersi per un silenzio o per un filo di luna mancante è camminare le vie delle distanze. Non ha senso cercarti se tu non mi troverai”.
Sottolineo spesso questi concetti.
Nella mia erranza so che ascoltare le favole è importante. Soprattutto quando dialogo più spesso con mia madre, ora che mia madre è costantemente con me, perché è me. Quando era giovane mia madre mi ha raccontato una fiaba.
Le ho chiesto di raccontarla altre volte e sempre cominciava con un suono cantalenante. Non sbagliava una virgola.
Con la sua voce lieve e dolce mi raccontava così:
Ho sempre ascoltato i maestri. Non mi sono mai piaciuti i gregari. La presunzione è distante dal mio viaggio e perché non mi interessano gli ignoranti.
Ho ascoltato la voce di Abshu nella notte: “Ci sono giorni che tremano nel mare grigio del meriggio che ha vento di Adriatico. Se non ti cerco non è perché l'infinito ha tracciato il deserto e so che non sei l'impossibile. Gli amori conoscono lo strazio ma perdersi per un silenzio o per un filo di luna mancante è camminare le vie delle distanze. Non ha senso cercarti se tu non mi troverai”.
Sottolineo spesso questi concetti.
Nella mia erranza so che ascoltare le favole è importante. Soprattutto quando dialogo più spesso con mia madre, ora che mia madre è costantemente con me, perché è me. Quando era giovane mia madre mi ha raccontato una fiaba.
Le ho chiesto di raccontarla altre volte e sempre cominciava con un suono cantalenante. Non sbagliava una virgola.
Con la sua voce lieve e dolce mi raccontava così:
“C'era una volta una Principessa che abitava una stanza sul mare e ascoltava le aurore e lo scoglio carezzava le onde.
Di sera raccoglieva i silenzi e intrecciava rose e orchidee.
Nel tempo della luna bianca il Principe entrava nei dettagli del suo sguardo.
Ogni notte la danza aveva il passo d'Oriente.
Prima che il chiaro tagliasse le ore i loro baci toccavano il velo dell'eterno.
C'era una volta...
Forse c'era una volta...
Oggi la stanza sul mare non ha ricordi.
È uno specchio.
Il Principe non smise mai di amare la Principessa.
La Principessa non smise mai di amare il Principe.
Nella stanza sul mare.
Si amarono.
Profondamente.
Per tutta una vita e per tutte le lune.
Continueranno ad amarsi.
Ad amarsi per mille notti e poi ancora mille...
E poi altre mille...
Si amarono per tutto il tempo possibile e impossibile…”.
Questa favola ora sono io a ripeterla spesso. Mi porta le lune dell’Oriente. Degli Orienti che sono voce di Mediterraneo.
Senza la madre e senza il padre che Dio mi ha dato io non racconterei nulla.
So che ogni volta che annoto parole sono loro che dettano. Mi hanno insegnato la prudenza e la riflessione prima di pronunciare parole. Mi hanno insegnato che senza l’eleganza della pazienza nessun viaggio ha senso.
In uno dei film più importanti degli anni Settanta, del 900, e direi più importanti nel rapporto tra cinema e letteratura, ricorre spesso il termine di prudenza.
Infatti la prudenza è una vera e propria filosofia nella saggezza di saper guardare oltre il tempo nel quale si vive.
Occorre prudenza in chi il coraggio ancora non lo ha perso. Occorre prudenza in chi riconosce nella intelligenza un principio fondante che non appartiene a tutti.
Occorre prudenza in chi sa che la vita è un testimoniarsi senza mai perdersi. Occorre prudenza per chi sa riconoscere l'apparenza e la concretezza. La prudenza appartiene agli uomini che sanno scegliere.
La prudenza non appartiene a chi vive l'arroganza, a chi alza la voce per credersi vincente, a chi ha bisogno di indossare maschere. La prudenza non consente di recitare la paura o di vestire le toghe della impermeabilità.
La prudenza appartiene a chi sa rinunciare oggi per vincere domani. Bisogna sempre parlare più piano ed essere più vicini alla conoscenza.
Ebbene sì. Quel film resta nel mio vocabolario. E da quel film ho capito che l'amicizia è apparenza o un affare e la famiglia ha la sacralità della resistenza e del legame di sangue.
La prudenza chiama sempre in causa la pazienza. Chi non riconosce alla pazienza il senso di una certificazione metafisica vive di intolleranze che si manifestano con il linguaggio delle parole e dei gesti. Io vivo ascoltando e ascolto gli esempi.
Senza la madre e senza il padre che Dio mi ha dato io non racconterei nulla.
So che ogni volta che annoto parole sono loro che dettano. Mi hanno insegnato la prudenza e la riflessione prima di pronunciare parole. Mi hanno insegnato che senza l’eleganza della pazienza nessun viaggio ha senso.
In uno dei film più importanti degli anni Settanta, del 900, e direi più importanti nel rapporto tra cinema e letteratura, ricorre spesso il termine di prudenza.
Infatti la prudenza è una vera e propria filosofia nella saggezza di saper guardare oltre il tempo nel quale si vive.
Occorre prudenza in chi il coraggio ancora non lo ha perso. Occorre prudenza in chi riconosce nella intelligenza un principio fondante che non appartiene a tutti.
Occorre prudenza in chi sa che la vita è un testimoniarsi senza mai perdersi. Occorre prudenza per chi sa riconoscere l'apparenza e la concretezza. La prudenza appartiene agli uomini che sanno scegliere.
La prudenza non appartiene a chi vive l'arroganza, a chi alza la voce per credersi vincente, a chi ha bisogno di indossare maschere. La prudenza non consente di recitare la paura o di vestire le toghe della impermeabilità.
La prudenza appartiene a chi sa rinunciare oggi per vincere domani. Bisogna sempre parlare più piano ed essere più vicini alla conoscenza.
Ebbene sì. Quel film resta nel mio vocabolario. E da quel film ho capito che l'amicizia è apparenza o un affare e la famiglia ha la sacralità della resistenza e del legame di sangue.
La prudenza chiama sempre in causa la pazienza. Chi non riconosce alla pazienza il senso di una certificazione metafisica vive di intolleranze che si manifestano con il linguaggio delle parole e dei gesti. Io vivo ascoltando e ascolto gli esempi.
La mia testimonianza nella vita è non giudicare mai. Soltanto così riesco a dialogare con nobiltà. Bisogna essere nobili per vivere con eleganza. La pazienza è l'eleganza della coscienza. La nobiltà è lo stile del cuore.
Ma la prudenza la pazienza la carità non esulano dal fatto che sempre bisogna avere coraggio delle proprie idee. Essere il proprio centro. I compromessi sono la storia delle civiltà decadute. Non esprimere con eleganza e stile il pensiero che si porta dentro significa sposare la volgarità dell'intolleranza. Siamo in un tempo volgare.
Il silenzio ci salverà?
Ci salverà la capacita di rendere reale la verità. Gli uomini o sono uomini veri che non hanno timore della nobiltà e dell'eleganza o restano folla massa gregge. Una civiltà che si accontenta è una civiltà che non conosce l'antropologia della conoscenza. Chi continua a parlare di ecologia delle anime è un impostore del pensiero. Non bisogna mai pensare per fede ma per ascolto.
Ritornano i suoni degli antichi profeti e non smettono di parlarmi.
Abshu mi ricorda: “Non avere timore della memoria. La memoria ti darà la forza di non dimenticare. Resta nel tuo giardino e coltiva i girasoli e le rose. Ogni girasole ti porterà uno specchio di sole. Ogni rosa ti darà la rugiada dei tuoi anni immensi nella tua grande casa di paese. Sappi che solo lì tu potrai vivere. Sappi che solo lì potrai vivere, abitandoti”.
Ci sono viaggi che si vivono ci sono viaggi che ci vivono.
La Morale di tutto? Non cerchiamo la morale perché si corre il rischio di diventare dei moralisti.
Il peggiore del mestiere di vivere.
Non ho mai cercato la luce. Ho sempre cercato la luna nelle notti buie.
Ma la prudenza la pazienza la carità non esulano dal fatto che sempre bisogna avere coraggio delle proprie idee. Essere il proprio centro. I compromessi sono la storia delle civiltà decadute. Non esprimere con eleganza e stile il pensiero che si porta dentro significa sposare la volgarità dell'intolleranza. Siamo in un tempo volgare.
Il silenzio ci salverà?
Ci salverà la capacita di rendere reale la verità. Gli uomini o sono uomini veri che non hanno timore della nobiltà e dell'eleganza o restano folla massa gregge. Una civiltà che si accontenta è una civiltà che non conosce l'antropologia della conoscenza. Chi continua a parlare di ecologia delle anime è un impostore del pensiero. Non bisogna mai pensare per fede ma per ascolto.
Ritornano i suoni degli antichi profeti e non smettono di parlarmi.
Abshu mi ricorda: “Non avere timore della memoria. La memoria ti darà la forza di non dimenticare. Resta nel tuo giardino e coltiva i girasoli e le rose. Ogni girasole ti porterà uno specchio di sole. Ogni rosa ti darà la rugiada dei tuoi anni immensi nella tua grande casa di paese. Sappi che solo lì tu potrai vivere. Sappi che solo lì potrai vivere, abitandoti”.
Ci sono viaggi che si vivono ci sono viaggi che ci vivono.
La Morale di tutto? Non cerchiamo la morale perché si corre il rischio di diventare dei moralisti.
Il peggiore del mestiere di vivere.
Non ho mai cercato la luce. Ho sempre cercato la luna nelle notti buie.
C’era una volta una Principessa che visse in una conchiglia…