Non
si smette di raccontare perché raccontarsi è
sempre ritrovare voli di memoria
“All'erta, all'erta li campani sona,/Li Turchi su calati alla marina,/Chi tena li scarpi rutti si li sola/Che jiu mi l'haiu sulati stamatina”. Ovvero: “Attenti suonano le campane/i Turchi sono scesi alla marina/chi ha le scarpe rotte se le risuola/che io le ho risuolate stamattina”.
Era una canzone che spesso mi cantava mio padre in tempi in cui la mia età appena giocava alle battaglie navali nella piccola piscina, con i pesci rossi e grigi, della grande casa di paese. E mia madre mi leggeva un libro le cui pagine riportavano che San Francesco di Paola, il Santo della nostra famiglia, aveva detto che “I musulmani avrebbero assalito Otranto e, distruggendo dalle fondamenta, ne avrebbero massacrati i cittadini”.
Io conosco le radici di un paese chiamato San Lorenzo del Vallo. Qui l’Oriente e l’Occidente hanno sempre fatto da sfondo. Ci sono paesi che hanno una identità omogenea. Paesi che hanno riferimenti articolati e si intagliano in una ragnatela che intreccia punti storici universali all’interno del territorio.
C’erano due palme che avevano toccato i deserti e i mari del Mediterraneo… Poi mio padre, nel suo ultimo volo, ha voluto portarsi via oltre le tartarughe anche una delle due palme…
Ci sono paesi che sanno recuperare eredità e radici grazie alla valorizzazione delle strutture presenti, ai reperti, al paesaggio, alle forme demo - antropologiche. Paesi che restano nella storia e nel destino. Paesi che si perdono lungo la storia e i destini. Ma sono i paesi che restano quelli che danno un senso al concetto di identità in una tradizione in cui la civiltà diventa la tradizione delle identità, nella Calabria e nei Sud che vivono nella conoscenza e nella nostra memoria non ci sono molti paese.
Per restare, i paesi devono continuare ad esistere non solo come territorio ma anche come immagine di un territorio – comunità. Uno di questo paesi che continua a rappresentare la storia e la continuità, grazie ad un immaginario dentro le civiltà, è San Lorenzo del Vallo, in provincia di Cosenza. Il paese che ha dato i natali ai cinque fratelli. Adolfo, Mariano, Virgilio Italo, Gino o Luigi e Pietro. San Lorenzo resta nella storia perché ha radici arabe, le quali sono anche nel “vocalizio”, nell’accentuazione di alcuni linguaggi, nella parola “acutizzata”, nelle forme antropologiche. Radici che hanno trovato in loro intreccio nella cultura greca. In fondo San Lorenzo rimane una comunità dalla profondità greca che ha trovato i suoi “dettagli”, in una realtà non solo “reale”, ma anche simbolica, in una dimensione profondamente latina.
Da qui nasce il ceppo di San Lorenzo, anche filo – antropologico e filologico, ma trova le sue radici nel legame tra il Mediterraneo arabo – greco e il mondo illirico. Nel 1521 il Casale di San Lorenzo era abitato da 362 famiglie albanesi con una popolazione di duemila abitanti. Nel 1543, nonostante l’arrivo dei Coronei, nel censimento aprile – maggio si contano soltanto 71 famiglie di albanesi. Ci fu una vera e propria diaspora che vede intrecciare due comunità e diversi ceppi familiari. San Lorenzo e la nascente Spezzano. Il terremoto del 1456 intrecciò la strada ad un rapporto tra la grecità e la latinità di San Lorenzo e la storia dei profughi albanesi.
La nascita di Spezzano Albanese la si fa risalire proprio agli anni 1541 – 1543. Un altro dato importante è la cessione del Feudo di San Lorenzo avvenuto nel 1555 che passa dai Sanseverino a Barnaba Pescara, che era un suo parente, senza nulla pretendere o barattare.
San Lorenzo passa nelle mani dei Mendoza Della Valle soltanto nel 1619.
San Lorenzo del Vallo comunque ha una identità greco – romane, ma insiste una forte componente (storica, culturale e di visioni geo –etnico) che rimanda ancora una volta ad una tradizione Italo – Albanese, ovvero Illirica.
Tale legame si rafforzò notevolmente con la venuta degli albanesi in San Lorenzo, soprattutto nelle prime migrazioni dai Balcani. Con la presenza albanese in San Lorenzo si stabilì un nuovo ceppo che interagì con quello spagnolo degli Alarcon Mendoza. La famiglia Bruni, si imparante con gli albanesi dei Gaudinieri – Guaglianone.
Il mondo spagnolo, comunque, ha scavi marcati.
Lo stesso Santo, ovvero San Lorenzo, ha radici spagnole, che provengono chiaramente dalla cultura religiosa dentro il mondo romano. Il culto resta fondamentale.
San Lorenzo, non è soltanto il Santo della graticola morto a 33 anni, è una presenza della Spagna aragonese, ma anche dei presbiteri e dei vescovi o diaconi caduto sotto l’imperatore Valeriano con l’editto del 258, che vede anche la morte del papa Sisto II. La presenza del culto di San Lorenzo rimanda ad una radice spagnola e aragonese.
La Spagna che si incontra con la Roma – Araba – Greca. D’altronde il culto di San Lorenzo che è mediterraneo si incontra con quello della Madonna delle Grazie che ha dimensioni culturali orientali. Il vescovo Ambrogio ricordò Lorenzo con queste parole: “… collocato un mucchio di carboni ardenti ardenti e steso su una graticola di ferro, Lorenzo avrebbe dovuto consumarsi a fuoco lento…Lorenzo illuminò il mondo con quella luce da cui fu egli stesso avvolto e riscaldò d’amore i cuori dei fedeli con le fiamme fra cui consumò il suo martirio”.
Dal Mediterraneo alla Grecia della Magna Grecia nel modello geografico dal Regno del Sud al Regno delle Due Sicilie a quello di Napoli.Le diverse fasi che visse San Lorenzo ebbero un compimento intorno alla questione risorgimentale e prima nella fase rivoluzionaria francese che si scontrò con una decadenza spagnola, ma furono gli anni pre e post unitari che diedero una nuova struttura alla comunità. L’interrogativo importante resta il rapporto, tra legame e scontro, tra la presenza dei Borboni in tutto il territorio, essendo San Lorenzo dentro il Regno di Napoli (e già “cittadina” della Sibari competitrice di Crotone) e quella dei briganti.
Come influì il brigantaggio in San Lorenzo e se fu un brigantaggio prettamente politico. San Lorenzo aveva dato origine alla comunità albanese di Spezzano. I Bruni furono molto vicini al Borbone. Mentre i Gaudinieri, con la presenza del colonnello Agostino Gaudinieri, fratello di Giulia andata sposa ad Ermete Francesco Bruni, facevano parte dei Savaia, soprattutto dalla Grande Guerra sino alla Monarchia di Vittorio Emanuele III.
Gli albanesi giocarono un ruolo da protagonista tra il Regno delle Due Sicilie e il Brigantaggio. San Lorenzo geograficamente fu uno snodo. Come lo fu ai tempi di Roma imperiale, come lo fu nella guerra tra Spartaco e l’esercito di Crasso, come lo fu nella immigrazione dei primi albanesi. Mi parlò di questo viaggio, in una sera d’estate, zio Pietro, che si interessava di storia e amava molto capire i risvolti storici. Ma anche zio Gino spesso mi raccontava del mondo greco di San Lorenzo. Fu proprio lui a spingermi ad approfondire le radici di San Lorenzo.
San Lorenzo ebbe una sua particolare funzione proprio nella fase risorgimentale e da questa alla prima guerra mondiale alla quale partecipò come sottotenenente e poi tenente, più volte decorato, Agostino Gaudinieri. Il Risorgimento trovò nella Grande Guerra una sua esperienza generazionale e un attraversamento di famiglia che hanno focalizzato il rapporto tra borghesia e mondo contadino proprio in San Lorenzo.
D’altronde i luoghi e le strutture hanno un senso. “Questo paese lo devi dimenticare e poi lo devi ritrovare quando sarai lontano”. Così mi ripeteva zio Mariano. Il Concio, Gentilino, il Castello sono tre spazi e tre luoghi che legano una realtà contadina ad un mondo aristocratico o semi – aristocratico.
Una lettura affascinante al cui centro, però, bisogna porre il ruolo delle famiglie che hanno svolto una funzione significativa nelle trasformazioni anche economiche della comunità. Trasformazioni che sono un vissuto comune con le antropologie del luogo. Certo, il castello resta uno spazio – luogo fondamentale. Ma una civiltà si muove tra tre coordinate: le eredità, l’identità e il processo innescato con le vere origini. Le origini sono da interpretarsi in quel mondo arabo – greco – latino – il lirico, la cui testimonianza è data dalla presenta delle famiglie che hanno cambiato, economicamente e culturalmente, il volto di una comunità.
Il culto, resta, comunque un punto di riferimento. San Lorenzo è una puntualizzazione sia come cristianità, ma anche come simbolo di una realtà storica all’interno di un territorio la cui influenza Orientale e Occidentale è abbastanza sentita.
Resta importante un pensiero ricavato dal racconto di Ambrogio. Lorenzo, il Martire, avrebbe voluto seguire nella morte il suo maestro Sisto II. Ambrogio narra: “I discepoli deboli possono precedere il maestro, i forti lo seguono. Questi vincono senza il maestro perché non hanno più bisogno del suo insegnamento. Così anche Elia ha lasciato indietro Eliseo. Io incarico te di proseguire la mia virtus di uomo”. Il culto di San Lorenzo è nella storia di una comunità. Nella sua santità e nella sua umanità.
Come lo è stato nella famiglia Bruni Gaudinieri, insieme alla devozione di San Francesco di Paola e della Madonna delle Grazie. Tra i Bruni e i Gaudinieri c’è un destino Occidentale ed Orientale. Giulia Gaudinieri si è portata in dote la devozione della Madonna delle Grazie in un paese che aveva come culto proprio questa Madonna. San Lorenzo rivive le sue radici di un sapere archeologico, quelle romane e spagnole. Tra questi culti c’è anche quello del Santo Umile di Bisognano. I Gaudinieri discendevano, appunto da Acri – Bisognano, e quello di San Francesco di Paola, molto presente sia nei Bruni sia nei Gaudinieri a partire dalla metà del Seicento.
San Lorenzo è un'àncora nello spazio della mia coscienza. O forse è ancora quella eco della mia conchiglia che porto sempre con me. E la mia casa che aveva due palme che giocavano con il vento del Mediterraneo…
Non so. Ci sarà altro tempo per rimettere a posto i ricordi? Anzi so. I cinque fratelli non smettono di raccontarsi e di raccontarmi storie.
Una famiglia, le famiglie tra Occidente ed Oriente e un’aquila con una rosa rossa nel becco che vola tra i mari della memoria… che mi riportano a mio padre, ad Adolfo, a Mariano, a Gino, a Pietro…
Ma chi è quella donna alla guida della Millecento rossa?
Era una canzone che spesso mi cantava mio padre in tempi in cui la mia età appena giocava alle battaglie navali nella piccola piscina, con i pesci rossi e grigi, della grande casa di paese. E mia madre mi leggeva un libro le cui pagine riportavano che San Francesco di Paola, il Santo della nostra famiglia, aveva detto che “I musulmani avrebbero assalito Otranto e, distruggendo dalle fondamenta, ne avrebbero massacrati i cittadini”.
Io conosco le radici di un paese chiamato San Lorenzo del Vallo. Qui l’Oriente e l’Occidente hanno sempre fatto da sfondo. Ci sono paesi che hanno una identità omogenea. Paesi che hanno riferimenti articolati e si intagliano in una ragnatela che intreccia punti storici universali all’interno del territorio.
C’erano due palme che avevano toccato i deserti e i mari del Mediterraneo… Poi mio padre, nel suo ultimo volo, ha voluto portarsi via oltre le tartarughe anche una delle due palme…
Ci sono paesi che sanno recuperare eredità e radici grazie alla valorizzazione delle strutture presenti, ai reperti, al paesaggio, alle forme demo - antropologiche. Paesi che restano nella storia e nel destino. Paesi che si perdono lungo la storia e i destini. Ma sono i paesi che restano quelli che danno un senso al concetto di identità in una tradizione in cui la civiltà diventa la tradizione delle identità, nella Calabria e nei Sud che vivono nella conoscenza e nella nostra memoria non ci sono molti paese.
Per restare, i paesi devono continuare ad esistere non solo come territorio ma anche come immagine di un territorio – comunità. Uno di questo paesi che continua a rappresentare la storia e la continuità, grazie ad un immaginario dentro le civiltà, è San Lorenzo del Vallo, in provincia di Cosenza. Il paese che ha dato i natali ai cinque fratelli. Adolfo, Mariano, Virgilio Italo, Gino o Luigi e Pietro. San Lorenzo resta nella storia perché ha radici arabe, le quali sono anche nel “vocalizio”, nell’accentuazione di alcuni linguaggi, nella parola “acutizzata”, nelle forme antropologiche. Radici che hanno trovato in loro intreccio nella cultura greca. In fondo San Lorenzo rimane una comunità dalla profondità greca che ha trovato i suoi “dettagli”, in una realtà non solo “reale”, ma anche simbolica, in una dimensione profondamente latina.
Da qui nasce il ceppo di San Lorenzo, anche filo – antropologico e filologico, ma trova le sue radici nel legame tra il Mediterraneo arabo – greco e il mondo illirico. Nel 1521 il Casale di San Lorenzo era abitato da 362 famiglie albanesi con una popolazione di duemila abitanti. Nel 1543, nonostante l’arrivo dei Coronei, nel censimento aprile – maggio si contano soltanto 71 famiglie di albanesi. Ci fu una vera e propria diaspora che vede intrecciare due comunità e diversi ceppi familiari. San Lorenzo e la nascente Spezzano. Il terremoto del 1456 intrecciò la strada ad un rapporto tra la grecità e la latinità di San Lorenzo e la storia dei profughi albanesi.
La nascita di Spezzano Albanese la si fa risalire proprio agli anni 1541 – 1543. Un altro dato importante è la cessione del Feudo di San Lorenzo avvenuto nel 1555 che passa dai Sanseverino a Barnaba Pescara, che era un suo parente, senza nulla pretendere o barattare.
San Lorenzo passa nelle mani dei Mendoza Della Valle soltanto nel 1619.
San Lorenzo del Vallo comunque ha una identità greco – romane, ma insiste una forte componente (storica, culturale e di visioni geo –etnico) che rimanda ancora una volta ad una tradizione Italo – Albanese, ovvero Illirica.
Tale legame si rafforzò notevolmente con la venuta degli albanesi in San Lorenzo, soprattutto nelle prime migrazioni dai Balcani. Con la presenza albanese in San Lorenzo si stabilì un nuovo ceppo che interagì con quello spagnolo degli Alarcon Mendoza. La famiglia Bruni, si imparante con gli albanesi dei Gaudinieri – Guaglianone.
Il mondo spagnolo, comunque, ha scavi marcati.
Lo stesso Santo, ovvero San Lorenzo, ha radici spagnole, che provengono chiaramente dalla cultura religiosa dentro il mondo romano. Il culto resta fondamentale.
San Lorenzo, non è soltanto il Santo della graticola morto a 33 anni, è una presenza della Spagna aragonese, ma anche dei presbiteri e dei vescovi o diaconi caduto sotto l’imperatore Valeriano con l’editto del 258, che vede anche la morte del papa Sisto II. La presenza del culto di San Lorenzo rimanda ad una radice spagnola e aragonese.
La Spagna che si incontra con la Roma – Araba – Greca. D’altronde il culto di San Lorenzo che è mediterraneo si incontra con quello della Madonna delle Grazie che ha dimensioni culturali orientali. Il vescovo Ambrogio ricordò Lorenzo con queste parole: “… collocato un mucchio di carboni ardenti ardenti e steso su una graticola di ferro, Lorenzo avrebbe dovuto consumarsi a fuoco lento…Lorenzo illuminò il mondo con quella luce da cui fu egli stesso avvolto e riscaldò d’amore i cuori dei fedeli con le fiamme fra cui consumò il suo martirio”.
Dal Mediterraneo alla Grecia della Magna Grecia nel modello geografico dal Regno del Sud al Regno delle Due Sicilie a quello di Napoli.Le diverse fasi che visse San Lorenzo ebbero un compimento intorno alla questione risorgimentale e prima nella fase rivoluzionaria francese che si scontrò con una decadenza spagnola, ma furono gli anni pre e post unitari che diedero una nuova struttura alla comunità. L’interrogativo importante resta il rapporto, tra legame e scontro, tra la presenza dei Borboni in tutto il territorio, essendo San Lorenzo dentro il Regno di Napoli (e già “cittadina” della Sibari competitrice di Crotone) e quella dei briganti.
Come influì il brigantaggio in San Lorenzo e se fu un brigantaggio prettamente politico. San Lorenzo aveva dato origine alla comunità albanese di Spezzano. I Bruni furono molto vicini al Borbone. Mentre i Gaudinieri, con la presenza del colonnello Agostino Gaudinieri, fratello di Giulia andata sposa ad Ermete Francesco Bruni, facevano parte dei Savaia, soprattutto dalla Grande Guerra sino alla Monarchia di Vittorio Emanuele III.
Gli albanesi giocarono un ruolo da protagonista tra il Regno delle Due Sicilie e il Brigantaggio. San Lorenzo geograficamente fu uno snodo. Come lo fu ai tempi di Roma imperiale, come lo fu nella guerra tra Spartaco e l’esercito di Crasso, come lo fu nella immigrazione dei primi albanesi. Mi parlò di questo viaggio, in una sera d’estate, zio Pietro, che si interessava di storia e amava molto capire i risvolti storici. Ma anche zio Gino spesso mi raccontava del mondo greco di San Lorenzo. Fu proprio lui a spingermi ad approfondire le radici di San Lorenzo.
San Lorenzo ebbe una sua particolare funzione proprio nella fase risorgimentale e da questa alla prima guerra mondiale alla quale partecipò come sottotenenente e poi tenente, più volte decorato, Agostino Gaudinieri. Il Risorgimento trovò nella Grande Guerra una sua esperienza generazionale e un attraversamento di famiglia che hanno focalizzato il rapporto tra borghesia e mondo contadino proprio in San Lorenzo.
D’altronde i luoghi e le strutture hanno un senso. “Questo paese lo devi dimenticare e poi lo devi ritrovare quando sarai lontano”. Così mi ripeteva zio Mariano. Il Concio, Gentilino, il Castello sono tre spazi e tre luoghi che legano una realtà contadina ad un mondo aristocratico o semi – aristocratico.
Una lettura affascinante al cui centro, però, bisogna porre il ruolo delle famiglie che hanno svolto una funzione significativa nelle trasformazioni anche economiche della comunità. Trasformazioni che sono un vissuto comune con le antropologie del luogo. Certo, il castello resta uno spazio – luogo fondamentale. Ma una civiltà si muove tra tre coordinate: le eredità, l’identità e il processo innescato con le vere origini. Le origini sono da interpretarsi in quel mondo arabo – greco – latino – il lirico, la cui testimonianza è data dalla presenta delle famiglie che hanno cambiato, economicamente e culturalmente, il volto di una comunità.
Il culto, resta, comunque un punto di riferimento. San Lorenzo è una puntualizzazione sia come cristianità, ma anche come simbolo di una realtà storica all’interno di un territorio la cui influenza Orientale e Occidentale è abbastanza sentita.
Resta importante un pensiero ricavato dal racconto di Ambrogio. Lorenzo, il Martire, avrebbe voluto seguire nella morte il suo maestro Sisto II. Ambrogio narra: “I discepoli deboli possono precedere il maestro, i forti lo seguono. Questi vincono senza il maestro perché non hanno più bisogno del suo insegnamento. Così anche Elia ha lasciato indietro Eliseo. Io incarico te di proseguire la mia virtus di uomo”. Il culto di San Lorenzo è nella storia di una comunità. Nella sua santità e nella sua umanità.
Come lo è stato nella famiglia Bruni Gaudinieri, insieme alla devozione di San Francesco di Paola e della Madonna delle Grazie. Tra i Bruni e i Gaudinieri c’è un destino Occidentale ed Orientale. Giulia Gaudinieri si è portata in dote la devozione della Madonna delle Grazie in un paese che aveva come culto proprio questa Madonna. San Lorenzo rivive le sue radici di un sapere archeologico, quelle romane e spagnole. Tra questi culti c’è anche quello del Santo Umile di Bisognano. I Gaudinieri discendevano, appunto da Acri – Bisognano, e quello di San Francesco di Paola, molto presente sia nei Bruni sia nei Gaudinieri a partire dalla metà del Seicento.
San Lorenzo è un'àncora nello spazio della mia coscienza. O forse è ancora quella eco della mia conchiglia che porto sempre con me. E la mia casa che aveva due palme che giocavano con il vento del Mediterraneo…
Non so. Ci sarà altro tempo per rimettere a posto i ricordi? Anzi so. I cinque fratelli non smettono di raccontarsi e di raccontarmi storie.
Una famiglia, le famiglie tra Occidente ed Oriente e un’aquila con una rosa rossa nel becco che vola tra i mari della memoria… che mi riportano a mio padre, ad Adolfo, a Mariano, a Gino, a Pietro…
Ma chi è quella donna alla guida della Millecento rossa?