E danzò tutta la notte! C’era la pioggia.
Le ore vivevano attraversamenti di attimi.
Perché in quella notte il vento non urlò fino a farsi ascoltare dalla luna?
Mirasokian era bella e portava tra i capelli una rosa bianca.
Danzò tutta la notte con la rosa bianca tra i capelli.
Nel villaggio la conoscevano come la donna dalla rosa bianca venuta dal deserto come un’onda di mare.
Andò via alle prime luci dell’alba e portò, nei suoi occhi, il gioco dell’inafferrabile.
Si erano amati. Per mesi per lustri per giorni. Si erano stretti in un abbraccio che sembrava infinito, ma la vita è un taglio e le ferite restano nel cuore delle parole e tra le parole che diventano immagine nello scenario del sogno.
Tutto non ha un senso? E forse se un senso dovrebbe esserci non è mai quello che noi riusciamo a raccogliere.
Lei si chiamava Mirasokian. Lui Pedrakian.
Entrambi venivano dalla stessa città.
Lei aveva intorno al collo una croce. Scendeva sul petto e si fermava nell’incavo dei seni.
Lui portava ai polsi una mezza luna e si fermava a pregare nei cinque appuntamenti.
Si amarono. Si amarono fino al punto di abbandonarsi, amandosi.
Troppo grande quella storia che diventò mistero.
Pedrakian cercò Mirasokian tra gli orizzonti dei mari e i confini dei deserti.
Ma non trovò più quel miraggio e neppure le orme delle danze.
Non si seppe allora perché, pur amandosi, lei partì.
Dopo stagioni e passaggi di inverni e di primavere, di estati ed autunni arrivò una lettera. Venne consegnata a Pedrakian.
Diceva.
“Mio amore, mio Pedrakian, io sono andata via perché una voce mi ha chiamata. Ho lasciato nel villaggio l’ultima danza. Di notte. Tu non c’eri. Ma quella danza era a te dedicata. Raccontava, nei segni, l’addio. Ma tu ed io sappiamo che ci incontreremo.
Io ti incontrerò… forse nel vento forse quando cadranno le tre lune e diventeranno tredici forse quando varcheremo le sette porte forse quando crederemo che la favola è più della vita forse quando il silenzio si ascolterà come silenzio senza aspettare che pronunci parole forse quando la pioggia disegnerà voli di aquile con le aquile già distanti forse quando ogni mare si incontrerà con le tempeste di sabbia forse… quando avremo la forza il coraggio l’impeccabilità di credere che il forse sia più delle verità che si credono verità… Tu non chiedermi nulla e se vivi il destino accoglilo, accettalo, penetralo. Mio amore, mio Pedrakian, io sono andata via perché una voce mi ha chiamata, ma tu resti sempre dentro di me ed io in te resterò, perché nell’incontro che non ha appuntamento ci ritroveremo e saremo non più anime vaganti e corpi abbraccianti, ma sogno e ti porterò in dono la rosa bianca custodita tra i miei capelli che tu mi regalasti con quel bacio di eterno che è immortale… Ti saluto. Ascolta la tua mezza luna, quella falce di luna che è nel tuo infinito. Io porto sempre con me la croce che si raccoglie ancora tra l’incavo dei miei seni e le tue mani… Forse vedrai nell’alba l’arcobaleno, non lasciarlo sfuggire…”. |
Con questa lettera Mirasokian si congedò.
Altri giorni camminarono lungo il tempo e il tempo non annotò più nulla, tranne il fatto che caddero, anche questa volta, tre lune.
La prima aveva la luce che precede l’alba.
La seconda aveva il colore del mare d’Oriente.
La terza aveva il colore che annuncia i tramonti.
La prima luna si era posata sulle mani di Mirasokian e i riflessi illuminavono il suo seno.
La seconda luna sfiorava il petto di Pedrakian e cercava il suo sguardo.
La terza luna danzava sui vetri della mia finestra con la pioggia che batteva in un cerchio di parole, e tra le ombre e la nebbia appena si leggeva:
forse cera una volta una notte che danzò con il giorno.
Forse c’era anche la pioggia!
Altri giorni camminarono lungo il tempo e il tempo non annotò più nulla, tranne il fatto che caddero, anche questa volta, tre lune.
La prima aveva la luce che precede l’alba.
La seconda aveva il colore del mare d’Oriente.
La terza aveva il colore che annuncia i tramonti.
La prima luna si era posata sulle mani di Mirasokian e i riflessi illuminavono il suo seno.
La seconda luna sfiorava il petto di Pedrakian e cercava il suo sguardo.
La terza luna danzava sui vetri della mia finestra con la pioggia che batteva in un cerchio di parole, e tra le ombre e la nebbia appena si leggeva:
forse cera una volta una notte che danzò con il giorno.
Forse c’era anche la pioggia!