QUANDO GIOCAVO A FARE L'APACHE
di Pierfranco Bruni
C'e' stato un tempo che giocavo a fare un indiano Apache. Mi coloravo il viso con strisce e tra i capelli intrecciavo coriandoli. Poi la vita mi ha portato a fare delle scelte. Io da Apache non ho mai accettato di essere rinchiuso in una riserva. (...)
di Pierfranco Bruni
C'e' stato un tempo che giocavo a fare un indiano Apache. Mi coloravo il viso con strisce e tra i capelli intrecciavo coriandoli. Poi la vita mi ha portato a fare delle scelte. Io da Apache non ho mai accettato di essere rinchiuso in una riserva. (...)
C'e' stato un tempo che giocavo a fare un indiano Apache. Mi coloravo il viso con strisce e tra i capelli intrecciavo coriandoli. Poi la vita mi ha portato a fare delle scelte. Io da Apache non ho mai accettato di essere rinchiuso in una riserva.
Ho sempre disubbidito. Anche nelle sere in cui il tramonto si è fatto di sabbia. Ha dato fastidio a molti ma vivo sereno. L'ubbidienza era distante dal mio cammino.
Da vecchio sciamano, la ubbidienza, si è trasformata in una disarmonica pazienza che si scontra con l'armonia della impazienza. Ho lasciato la mia tenda e mi sono fatto il mio cammino. Con i ricordi che avevo e che ora non ho.
Ho seguito la luna e mai le ombre. Ho sempre circondato il mio pensiero con delle corazze e il mio sguardo con coralli di rose bianche e poi ho solcato le tracce del Sole. Ma ho capito che nella vita si fanno delle scelte. Si devono fare. Sempre. Ovvero gli uomini Aquila hanno il coraggio di non restare tra il fuoco la cenere e la codardia di distanziarsi, senza farsene accorgere, persino da chi ha spento la cenere e da chi il fuoco non lo ha acceso e pensa di poter giocare nel segno della vanità.
Non ci sono tante forme di intelligenza. C'è chi è realmente intelligente e chi pensa di esserlo. La differenza è troppa. Ma comunque lo spazio da occupare e vivere è inevitabile. Chi fa delle scelte non sempre o quasi mai riesce ad assumersi delle responsabilità. Pensa che tutto sia dovuto. No, non può essere dovuto.
Arriva sempre il momento in cui lo specchio ti insegue. Mio padre e mia madre hanno dato insegnamenti che mi tracciano il cammino.
Non dimenticare che chi ti sta di fronte o accanto e mangia il tuo stesso cibo sta pensando a come fotterti. Gesù hai troppo perdonato. Il cristiano perdona? Cristo resta per me uno sciamano e non chi consegna le chiavi al traditore Pietro che non solo tradisce ma rinnega anche per poi cercare di diventare protagonista. Ma questo è un altro discorso. Cristo sciamano è un'immagine straordinaria.
Bene. Nella vita si fanno delle scelte. Non come le ha fatte Pietro, uomo pavido e metafora di un potere cattolico. Ma come le ha fatte Giuda o come le ha fatte Paolo. O come le ha fatte Seneca oltre il sacro.
Allora. Chi fa delle scelte deve conoscere le direzioni. Chi pensa o si illude che può fare tutto deve anche sapere che arriva sempre il tempo in cui deve misurarsi con le vie che ha intrapreso.
Ci vuole coraggio. Non si può stare accanto alla cenere e lasciarsi riscaldare dal fuoco. Se non si sa ciò è una persona che non merita se stesso.
Io credo al perdono. Ma non come strumento o strategia. Come amore e mistero. Non come struttura della fede, ma come mistero cristiano sciamano.
Ridete sorridete ironizzate. L'intelligenza non è di tutti. Spesso il gigante mio padre mi sottolineava. E lui ha fatto delle scelte. Mia madre quante verità mi ha raccontato e quanti avvertimenti. Me ne accorgo solo oggi. Ma noi siamo eredi della coerenza correttezza dignità e abbiamo il coraggio di guardare sempre negli occhi.
Spesso sono stato tradito. Spesso ho perdonato.
Ora si chiude un'epoca.
Continueranno a tradirmi.
A provocarmi.
A considerarsi furbi intelligenti capaci.
Io ho dalla mia parte il coraggio il rischio la lealtà e il fuoco. Nel mio accampamento ci sono i deserti e i fiumi.
Ci sono le nuvole e gli orizzonti. Ci sono i mari e gli sciami di aquiloni bianchi che corrono nella saggezza.
Ci sono i tramonti e le albe.
Io ho dalla mia parte il silenzio la pazienza e il saper vivere i distacchi senza allontanarsi da ciò in cui si è creduto per una Esistenza. Io non tradisco. Non mi illudo.
Troppo ho dato per illudermi.
Troppo ho amato per non capire il disamore.
Troppo il Conte di Montecristo vive in me.
Continuo a giocare a fare l'Apache ed è come ritrovarmi tra gli alberi del mio giardino navigando i fiumi, mentre la tempesta infuria io raccolgo i segni della danza della disubbidienza per restare, fino in fondo, nella serenità del mio cuore.
I tradimenti non smettono di essere tradimenti e vivo raccogliendo parole abbandonate.
Quale battaglia ho perso e quale ho vinta?
Quale verità mi ha solcato in questo viaggio di carta che nonostante tutto mai si stropiccia.
Oltre i legami di sangue la fedeltà è un gioco inevitabile.
Se tutto si perde oltre le frontiere ci sarà pure un orizzonte che non conosce i limiti... o tutto ha un limite?
Sono ancora qui mio padre e mia madre che mi dicono: "... lascia scorrere... la fiumara sa sempre dove andare e gli argini non li crei tu... ma ci sarà chi li creerà per te se è sei nel giusto come tu sei nel giusto... ".
Osservo il vento. E il vento mi osserva.
Se tanto ho avuto troppo ho dato.
Continuo ad essere un Apache...
Ho sempre disubbidito. Anche nelle sere in cui il tramonto si è fatto di sabbia. Ha dato fastidio a molti ma vivo sereno. L'ubbidienza era distante dal mio cammino.
Da vecchio sciamano, la ubbidienza, si è trasformata in una disarmonica pazienza che si scontra con l'armonia della impazienza. Ho lasciato la mia tenda e mi sono fatto il mio cammino. Con i ricordi che avevo e che ora non ho.
Ho seguito la luna e mai le ombre. Ho sempre circondato il mio pensiero con delle corazze e il mio sguardo con coralli di rose bianche e poi ho solcato le tracce del Sole. Ma ho capito che nella vita si fanno delle scelte. Si devono fare. Sempre. Ovvero gli uomini Aquila hanno il coraggio di non restare tra il fuoco la cenere e la codardia di distanziarsi, senza farsene accorgere, persino da chi ha spento la cenere e da chi il fuoco non lo ha acceso e pensa di poter giocare nel segno della vanità.
Non ci sono tante forme di intelligenza. C'è chi è realmente intelligente e chi pensa di esserlo. La differenza è troppa. Ma comunque lo spazio da occupare e vivere è inevitabile. Chi fa delle scelte non sempre o quasi mai riesce ad assumersi delle responsabilità. Pensa che tutto sia dovuto. No, non può essere dovuto.
Arriva sempre il momento in cui lo specchio ti insegue. Mio padre e mia madre hanno dato insegnamenti che mi tracciano il cammino.
Non dimenticare che chi ti sta di fronte o accanto e mangia il tuo stesso cibo sta pensando a come fotterti. Gesù hai troppo perdonato. Il cristiano perdona? Cristo resta per me uno sciamano e non chi consegna le chiavi al traditore Pietro che non solo tradisce ma rinnega anche per poi cercare di diventare protagonista. Ma questo è un altro discorso. Cristo sciamano è un'immagine straordinaria.
Bene. Nella vita si fanno delle scelte. Non come le ha fatte Pietro, uomo pavido e metafora di un potere cattolico. Ma come le ha fatte Giuda o come le ha fatte Paolo. O come le ha fatte Seneca oltre il sacro.
Allora. Chi fa delle scelte deve conoscere le direzioni. Chi pensa o si illude che può fare tutto deve anche sapere che arriva sempre il tempo in cui deve misurarsi con le vie che ha intrapreso.
Ci vuole coraggio. Non si può stare accanto alla cenere e lasciarsi riscaldare dal fuoco. Se non si sa ciò è una persona che non merita se stesso.
Io credo al perdono. Ma non come strumento o strategia. Come amore e mistero. Non come struttura della fede, ma come mistero cristiano sciamano.
Ridete sorridete ironizzate. L'intelligenza non è di tutti. Spesso il gigante mio padre mi sottolineava. E lui ha fatto delle scelte. Mia madre quante verità mi ha raccontato e quanti avvertimenti. Me ne accorgo solo oggi. Ma noi siamo eredi della coerenza correttezza dignità e abbiamo il coraggio di guardare sempre negli occhi.
Spesso sono stato tradito. Spesso ho perdonato.
Ora si chiude un'epoca.
Continueranno a tradirmi.
A provocarmi.
A considerarsi furbi intelligenti capaci.
Io ho dalla mia parte il coraggio il rischio la lealtà e il fuoco. Nel mio accampamento ci sono i deserti e i fiumi.
Ci sono le nuvole e gli orizzonti. Ci sono i mari e gli sciami di aquiloni bianchi che corrono nella saggezza.
Ci sono i tramonti e le albe.
Io ho dalla mia parte il silenzio la pazienza e il saper vivere i distacchi senza allontanarsi da ciò in cui si è creduto per una Esistenza. Io non tradisco. Non mi illudo.
Troppo ho dato per illudermi.
Troppo ho amato per non capire il disamore.
Troppo il Conte di Montecristo vive in me.
Continuo a giocare a fare l'Apache ed è come ritrovarmi tra gli alberi del mio giardino navigando i fiumi, mentre la tempesta infuria io raccolgo i segni della danza della disubbidienza per restare, fino in fondo, nella serenità del mio cuore.
I tradimenti non smettono di essere tradimenti e vivo raccogliendo parole abbandonate.
Quale battaglia ho perso e quale ho vinta?
Quale verità mi ha solcato in questo viaggio di carta che nonostante tutto mai si stropiccia.
Oltre i legami di sangue la fedeltà è un gioco inevitabile.
Se tutto si perde oltre le frontiere ci sarà pure un orizzonte che non conosce i limiti... o tutto ha un limite?
Sono ancora qui mio padre e mia madre che mi dicono: "... lascia scorrere... la fiumara sa sempre dove andare e gli argini non li crei tu... ma ci sarà chi li creerà per te se è sei nel giusto come tu sei nel giusto... ".
Osservo il vento. E il vento mi osserva.
Se tanto ho avuto troppo ho dato.
Continuo ad essere un Apache...