Questa specie di storia
Pierfranco Bruni
Mia madre non racconta più il canto della luna nei solstizi delle stagioni ed ha smesso i foulard arcobaleno dalle sue vesti di antica eleganza.
Mi osserva nel sogno delle notti che non hanno orizzonti e mi regala immensi silenzi che restano nelle stanze del cuore.
Pierfranco Bruni
Mia madre non racconta più il canto della luna nei solstizi delle stagioni ed ha smesso i foulard arcobaleno dalle sue vesti di antica eleganza.
Mi osserva nel sogno delle notti che non hanno orizzonti e mi regala immensi silenzi che restano nelle stanze del cuore.
Non riesco a mantenere la promessa. Ho confuso carte appunti e il mistero a volte è fantasia. Attraverso gli spazi che sono stati tuoi e di papà ma non sono ancora riuscito a ricostruire una storia.
Forse sono tanti i ricordi che si affollano che ancora non mi permettono di dare un senso compiuto a pagine che dovrebbero formare una specie di romanzo.
Su papà ho scritto subito racconti poesie e un libro che ha permesso, anche con il tuo aiuto, di intavolare un percorso della sua e nostra famiglia.
Tu mi sei così vicina tanto che ancora non ti penso che sei andata via.
Si sei morta.
Non vorrei mai pronunciare questa parola. Ma devo sentirti morta per recuperarti. Tutto ciò che ho finora ho scritto non l'ho riletto ma lo sento confuso.
Non ho detto ciò che volevo dirti. Non ti penso morta. Questa è la verità. Non ho creduto alla tua morte quando ti ho visto sulla barella. Non ho creduto alla tua morte quando abbiamo celebrato il tuo funerale. Non ci credo neppure adesso che torno in quella vuota casa dove tutto parla di te di voi di noi del nostro essere famiglia con Giulia. Ma non ci sei non ci siete più.
Ed io continuo a scrivere di te e di una casa e di storie che sono state solo nostre. Solo nostre. Di noi quattro.
Sei andata via una domenica di ottobre dopo avermi parlato al telefono. Ti avevo detto che stavo per venire a salutarti e tu mi hai risposto: Ti aspetto.
Poi ho parlato con il medico che mi ha rassicurato sulla tua condizione di salute. Ma io con Micol sono partito ugualmente. Nel corso del viaggio è arrivata la notizia che ci avevi lasciato.
È ancora inspiegabile questa tua morte. Tutto è precipitato all'improvviso.
Il fatto è che mi manchi. Non ci sei. I rimpianti sono intrecci inesorabili. E le parole non bastano perché non servono. Intanto dovrò decidermi se fermarmi e riflettere o continuare a riempire di appunti i miei quaderni dalla copertina nera e il computer.
Sono molto confuso. I mesi sono passati ma non mi è chiaro nulla. Vorrei raccontarti ma anche raccontarci con gli anni passati e le sensazioni e le emozioni.
Questa specie di storia.
La nostra storia. Tua di papà mia e di Giulia. La nostra storia.
Riabitando la nostra casa e lo faccio appena mi è possibile vi sento.
C'è il vostro profumo i vostri oggetti quotidiani il giardino ma mi sento smarrito e spesso vi chiamo e voi ci siete ed è come se ogni rumore avesse i vostri gesti le vostre parole la vostra voce. Il vostro esserci.
Questa specie di storia è la nostra storia. Certo, continuerò ad annotare. E ti cerco vi cerco in un vento di nostalgie tra i rami della palme del giardino che vive di solitudini.
Forse sono tanti i ricordi che si affollano che ancora non mi permettono di dare un senso compiuto a pagine che dovrebbero formare una specie di romanzo.
Su papà ho scritto subito racconti poesie e un libro che ha permesso, anche con il tuo aiuto, di intavolare un percorso della sua e nostra famiglia.
Tu mi sei così vicina tanto che ancora non ti penso che sei andata via.
Si sei morta.
Non vorrei mai pronunciare questa parola. Ma devo sentirti morta per recuperarti. Tutto ciò che ho finora ho scritto non l'ho riletto ma lo sento confuso.
Non ho detto ciò che volevo dirti. Non ti penso morta. Questa è la verità. Non ho creduto alla tua morte quando ti ho visto sulla barella. Non ho creduto alla tua morte quando abbiamo celebrato il tuo funerale. Non ci credo neppure adesso che torno in quella vuota casa dove tutto parla di te di voi di noi del nostro essere famiglia con Giulia. Ma non ci sei non ci siete più.
Ed io continuo a scrivere di te e di una casa e di storie che sono state solo nostre. Solo nostre. Di noi quattro.
Sei andata via una domenica di ottobre dopo avermi parlato al telefono. Ti avevo detto che stavo per venire a salutarti e tu mi hai risposto: Ti aspetto.
Poi ho parlato con il medico che mi ha rassicurato sulla tua condizione di salute. Ma io con Micol sono partito ugualmente. Nel corso del viaggio è arrivata la notizia che ci avevi lasciato.
È ancora inspiegabile questa tua morte. Tutto è precipitato all'improvviso.
Il fatto è che mi manchi. Non ci sei. I rimpianti sono intrecci inesorabili. E le parole non bastano perché non servono. Intanto dovrò decidermi se fermarmi e riflettere o continuare a riempire di appunti i miei quaderni dalla copertina nera e il computer.
Sono molto confuso. I mesi sono passati ma non mi è chiaro nulla. Vorrei raccontarti ma anche raccontarci con gli anni passati e le sensazioni e le emozioni.
Questa specie di storia.
La nostra storia. Tua di papà mia e di Giulia. La nostra storia.
Riabitando la nostra casa e lo faccio appena mi è possibile vi sento.
C'è il vostro profumo i vostri oggetti quotidiani il giardino ma mi sento smarrito e spesso vi chiamo e voi ci siete ed è come se ogni rumore avesse i vostri gesti le vostre parole la vostra voce. Il vostro esserci.
Questa specie di storia è la nostra storia. Certo, continuerò ad annotare. E ti cerco vi cerco in un vento di nostalgie tra i rami della palme del giardino che vive di solitudini.