Questa volta ho detto tutto non dicendo nulla ma il mistero ha sempre il suo ascolto
di Pierfranco Bruni E caddero così tre parole che non furono concetti ma semplicemente parole.
(...) La prima parola andò a chi seppe raccogliere lo sguardo della principessa. La seconda parola andò a chi seppe custodire la confusione. La terza parola a chi si mise in viaggio, attraversando il deserto per raggiungere il castello sul mare. |
E le parole venivano portate dal vento.
Si perdevano tra i silenzi del deserto. Infuriava la tempesta e il giorno cedeva alla notte. Si sentirono solo gli echi.
I rumori degli zoccoli dei cavalli solcavano la memoria.
E fu così che la principessa, che aveva abitato l’Armenia, la condussero tra i Camini delle Fate, nella Cappadocia, dove il mistero è religiosità nel canto delle cinque preghiere.
Lei recitava al suono dell’infanzia e tra i suoni la voce del suo amore in una giovinezza smarrita nel tempo.
La storia non si racconta più.
Tutto si percepisce.
Ma la principessa non aveva smesso i suoi vestiti di seta con i veli intrecciati tra i capelli.
Non fu un gioco.
Una volta vissuta la realtà sembra distante e ciò che resta è soltanto un’immagine nel soffio delle ore.
Vennero nella sua terra e rapirono il suo cuore.
Ci fu un sogno che si spezzò.
Disse.
“Non canterò più
Perché ogni canto non dovrà andare oltre il vento
Consegnandolo al vento
Non si saprà mai
In quale ascolto e in quali echi si fermerà”.
I Camini delle Fate raccontano.
Si racconta, o forse si racconta, che quando Noè approdò al Monte Ararat fece volare delle colombe. E volarono tanto volarono che andarono oltre le terre dell’Armenia, e giunsero sino ai mari del Sud.
Si perdevano tra i silenzi del deserto. Infuriava la tempesta e il giorno cedeva alla notte. Si sentirono solo gli echi.
I rumori degli zoccoli dei cavalli solcavano la memoria.
E fu così che la principessa, che aveva abitato l’Armenia, la condussero tra i Camini delle Fate, nella Cappadocia, dove il mistero è religiosità nel canto delle cinque preghiere.
Lei recitava al suono dell’infanzia e tra i suoni la voce del suo amore in una giovinezza smarrita nel tempo.
La storia non si racconta più.
Tutto si percepisce.
Ma la principessa non aveva smesso i suoi vestiti di seta con i veli intrecciati tra i capelli.
Non fu un gioco.
Una volta vissuta la realtà sembra distante e ciò che resta è soltanto un’immagine nel soffio delle ore.
Vennero nella sua terra e rapirono il suo cuore.
Ci fu un sogno che si spezzò.
Disse.
“Non canterò più
Perché ogni canto non dovrà andare oltre il vento
Consegnandolo al vento
Non si saprà mai
In quale ascolto e in quali echi si fermerà”.
I Camini delle Fate raccontano.
Si racconta, o forse si racconta, che quando Noè approdò al Monte Ararat fece volare delle colombe. E volarono tanto volarono che andarono oltre le terre dell’Armenia, e giunsero sino ai mari del Sud.
La principessa custodiva segreti e questi segreti corrono ancora negli sguardi che i silenzi non cancellano.
La principessa custodisce sempre segreti e dilagano come fiume.
Cosa diranno mai questi segreti?
“Non ci furono più parole
Volò la colomba e giunse sino al castello
Dove i colombi osservavano le onde
Che tagliavano lo scoglio.
I segreti non si possono rivelare.
Si capiranno dopo sette voli
E dopo che i sette voli
Avranno attraversato le sette porte
E dopo che le sette porte
Avranno visto per sette volte
Le tredici lune
E ciò accadrà dopo che le tredici lune
Avranno ascoltato le tredici danze
E le tredici danze avranno trovato
Le tredici danzatrici
Che nelle sette stanze del castello
Avranno raccolto tredici petali di rose
Ogni petalo con sette colori
E ogni colore con tredici sfumature
E ogni sfumatura
Con sette ombre
E ogni ombra con tredici luci…
Sino a intrecciare le sette porte con le sette stanze e le tredici lune con i tredici viaggi e i tredici viaggi con i sette cammini e i sette cammini con i tredici amori…”.
La principessa custodisce sempre segreti e dilagano come fiume.
Cosa diranno mai questi segreti?
“Non ci furono più parole
Volò la colomba e giunse sino al castello
Dove i colombi osservavano le onde
Che tagliavano lo scoglio.
I segreti non si possono rivelare.
Si capiranno dopo sette voli
E dopo che i sette voli
Avranno attraversato le sette porte
E dopo che le sette porte
Avranno visto per sette volte
Le tredici lune
E ciò accadrà dopo che le tredici lune
Avranno ascoltato le tredici danze
E le tredici danze avranno trovato
Le tredici danzatrici
Che nelle sette stanze del castello
Avranno raccolto tredici petali di rose
Ogni petalo con sette colori
E ogni colore con tredici sfumature
E ogni sfumatura
Con sette ombre
E ogni ombra con tredici luci…
Sino a intrecciare le sette porte con le sette stanze e le tredici lune con i tredici viaggi e i tredici viaggi con i sette cammini e i sette cammini con i tredici amori…”.
Così la principessa narrava e la sua voce aveva un ritmo che sembrava una cadenza, e la pronuncia era un vento che faceva incontrare gli occhi di Gesù con lo sguardo di Maometto.
Tutto non sarà mai detto.
Ma chi vuole capire capirà sempre e chi non ha capito non ha voluto capire. E quando si pensa che ci sia confusione è perché non si è riusciti ad afferrare il centro dell’anima, che la confusione esercita nel cuore.
La principessa non srotolò tutto il gomitolo e rimasero dei nodi.
Forse, o forse no, un giorno questi nodi si libereranno e diventeranno un filo teso tra ciò che non è mai accaduto e ciò che sempre è accaduto.
La storia non è un’altra vicenda. È semplicemente un racconto raccontato con un altro cuore.
La strada resta sempre larga e le parole diventano ancora più strette nella cruna dell’ago, che spilla le linee delle nostre mani.
Questa volta ho detto tutto non dicendo nulla.
Non dicendo nulla vuol dire che non ho altro da dire, perché anche nel nulla c’è sempre una rosa che danzerà sul tappeto di sabbia e di mare che la nostra anima sempre attraversa.
C’era una volta…
Forse c’era una volta una colomba che partì per i Mari del Sud…
E caddero così tre parole che non furono concetti ma semplicemente parole.
Bellezza.
Pazienza.
Ascolto.
La prima parola andò a chi seppe raccogliere lo sguardo della principessa.
La seconda parola andò a chi seppe custodire la confusione.
La terza parola a chi si mise in viaggio, attraversando il deserto per raggiungere il castello sul mare.
Qui si conclude. Ma cosa?
Giunti alla fine la magara, dal suo balcone nel vento, pronuncia tre frasi:
La magia ha la sua bellezza
L’alchimia ha la sua pazienza
Il mistero ha il suo ascolto.
Tutto non sarà mai detto.
Ma chi vuole capire capirà sempre e chi non ha capito non ha voluto capire. E quando si pensa che ci sia confusione è perché non si è riusciti ad afferrare il centro dell’anima, che la confusione esercita nel cuore.
La principessa non srotolò tutto il gomitolo e rimasero dei nodi.
Forse, o forse no, un giorno questi nodi si libereranno e diventeranno un filo teso tra ciò che non è mai accaduto e ciò che sempre è accaduto.
La storia non è un’altra vicenda. È semplicemente un racconto raccontato con un altro cuore.
La strada resta sempre larga e le parole diventano ancora più strette nella cruna dell’ago, che spilla le linee delle nostre mani.
Questa volta ho detto tutto non dicendo nulla.
Non dicendo nulla vuol dire che non ho altro da dire, perché anche nel nulla c’è sempre una rosa che danzerà sul tappeto di sabbia e di mare che la nostra anima sempre attraversa.
C’era una volta…
Forse c’era una volta una colomba che partì per i Mari del Sud…
E caddero così tre parole che non furono concetti ma semplicemente parole.
Bellezza.
Pazienza.
Ascolto.
La prima parola andò a chi seppe raccogliere lo sguardo della principessa.
La seconda parola andò a chi seppe custodire la confusione.
La terza parola a chi si mise in viaggio, attraversando il deserto per raggiungere il castello sul mare.
Qui si conclude. Ma cosa?
Giunti alla fine la magara, dal suo balcone nel vento, pronuncia tre frasi:
La magia ha la sua bellezza
L’alchimia ha la sua pazienza
Il mistero ha il suo ascolto.