Sapere scientifico e sapere umano in un matematico puro che non ha mai smesso di confrontarsi con la filosofia: Mariano Bruni, a cento anni dalla nascita
Tra le scienze matematiche e la fisica, uno continuatore di quei professori che hanno sempre saputo legare il modello umanistico a quello scientifico attraverso lo studio articolato delle algebre, ovvero dei numeri con i quali si racconta la “cifra” dei simboli. Un matematico puro dentro una formazione umanistica. Questo è stato Mariano Bruni.
Tra le scienze matematiche e la fisica, uno continuatore di quei professori che hanno sempre saputo legare il modello umanistico a quello scientifico attraverso lo studio articolato delle algebre, ovvero dei numeri con i quali si racconta la “cifra” dei simboli. Un matematico puro dentro una formazione umanistica. Questo è stato Mariano Bruni.
Nato a San Lorenzo del Vallo nel 1914. I suoi studi forti sono stati sviluppati tra collegi e la sua esperienza importante romana. È stato un intellettuale che sempre è riuscito a porre all’attenzione il confronto tra le lettere e il “racconto” della matematica.
Da questo punto di vista si potrebbe considerare un innovatore. Appunti sparsi, quaderni andati perduti e un “vocabolario” dei linguaggi parlati lo hanno sempre posto come un riferimento in una Cosenza che guardava alle scienze della matematica con molta attenzione.
Il suo voler insegnare la matematica con gli strumenti di una formazione umanistica, e mai relativista, ha significato aprire nuove strade alla comprensione di quelle scienze che restano applicate alla “indiscutibilità” del dato, ma Mariano Bruni creava un “ragionamento” intorno ai risultati di una equazione, intorno alla visione di un triangolo nelle sue forme, intorno ad un trapezio.
La forma perfetta, ricordo un suo dialogare proprio sulla perfezione delle forme e sui numeri perfetti. La questione dei numeri perfetti, Mariano Bruni la impostava in una filosofia che comprendeva, in modo particolare Telesio, Giordano Bruno e l’interpretazione vichiana dei cicli.
In realtà applicava la “spiegazione” – Lezione sulla matematica non affidandosi ad un linguaggio “arido” tra il concreto e l’astratto, nella leggibilità e non leggibilità del numero, bensì ogni forma e ogni numero avevano una loro partecipazione metafisica. Anzi sosteneva che la parola stessa andava pronunciata in questi termini Meta – Fisica. Da questo punto di visto è stato un innovatore e lo è stato proprio nel momento in cui il dibattito sulle scienze esatte poneva delle discussioni interessanti sul piano del dibattito nazionale.
Il suo modello restava Michael Polanyi con il saggio Le due culture, che risale del 1959. Parlava spesso di questo autore perché, sostanzialmente, condivideva il pensiero: “Il nostro compito non è sopprimere la specializzazione della conoscenza ma realizzare l'armonia e la verità nell'intero dominio della conoscenza”. La conoscenza è punto nodale tra il sapere umanistico e quello scientifico.
L’umanesimo e la scienza, mi diceva, dialogano nel momento in cui Spinoza incontra Pitagora. Il sapere umanistico è dentro il sapere scientifico. L’esempio, appunto, che spesso poneva era incentrato sulla grecità di Pitagora. Ricordo che sosteneva la necessità di una teoria filosofica attraverso la teoria pitagorica.
Non creava mai steccati tra la filosofia e la matematica perché in entrambi, lo ricordo benissimo, è il Pensiero che prevale e quando il Pensiero perde le coordinate è difficile comprendere perché i numeri sono un vocabolari dentro i linguaggi della vita.
Sono elementi che hanno una loro valenza in un processo culturale tout court, perché è in questo processo che lo scibile umano si centralizza come metodologia dei saperi. Un matematico puro che trovava nella filosofia la chiave di lettura per interpretare il rapporto tra spazio e tempo.
L’altro suo “assillo”, o meglio pensiero pensante, scientifico e Meta Fisico. Il Pensiero si sviluppa non solo con il mettere in discussione dati acquisiti, ma con il dimostrare che i dati acquisiti siano realmente tali. Ed è un “vocabolario” che ha le sue matrici filosofiche. Mariano Bruni, si stabilisce a Cosenza, come già detto, e diventa un riferimento per intere generazioni.
Muore nel novembre del 1983. Era nato cento anni fa. La sua presenza è da prendere come modello in un contesto in cui la discussione tra scienze e modelli umanistici resta completamente aperta. Un esempio di matematico che ha saputo legare le scienze alla vita e la matematica stessa alla filosofia. Pitagora, Eraclito, Talete e Spinoza i suoi riferimenti.
Da questo punto di vista si potrebbe considerare un innovatore. Appunti sparsi, quaderni andati perduti e un “vocabolario” dei linguaggi parlati lo hanno sempre posto come un riferimento in una Cosenza che guardava alle scienze della matematica con molta attenzione.
Il suo voler insegnare la matematica con gli strumenti di una formazione umanistica, e mai relativista, ha significato aprire nuove strade alla comprensione di quelle scienze che restano applicate alla “indiscutibilità” del dato, ma Mariano Bruni creava un “ragionamento” intorno ai risultati di una equazione, intorno alla visione di un triangolo nelle sue forme, intorno ad un trapezio.
La forma perfetta, ricordo un suo dialogare proprio sulla perfezione delle forme e sui numeri perfetti. La questione dei numeri perfetti, Mariano Bruni la impostava in una filosofia che comprendeva, in modo particolare Telesio, Giordano Bruno e l’interpretazione vichiana dei cicli.
In realtà applicava la “spiegazione” – Lezione sulla matematica non affidandosi ad un linguaggio “arido” tra il concreto e l’astratto, nella leggibilità e non leggibilità del numero, bensì ogni forma e ogni numero avevano una loro partecipazione metafisica. Anzi sosteneva che la parola stessa andava pronunciata in questi termini Meta – Fisica. Da questo punto di visto è stato un innovatore e lo è stato proprio nel momento in cui il dibattito sulle scienze esatte poneva delle discussioni interessanti sul piano del dibattito nazionale.
Il suo modello restava Michael Polanyi con il saggio Le due culture, che risale del 1959. Parlava spesso di questo autore perché, sostanzialmente, condivideva il pensiero: “Il nostro compito non è sopprimere la specializzazione della conoscenza ma realizzare l'armonia e la verità nell'intero dominio della conoscenza”. La conoscenza è punto nodale tra il sapere umanistico e quello scientifico.
L’umanesimo e la scienza, mi diceva, dialogano nel momento in cui Spinoza incontra Pitagora. Il sapere umanistico è dentro il sapere scientifico. L’esempio, appunto, che spesso poneva era incentrato sulla grecità di Pitagora. Ricordo che sosteneva la necessità di una teoria filosofica attraverso la teoria pitagorica.
Non creava mai steccati tra la filosofia e la matematica perché in entrambi, lo ricordo benissimo, è il Pensiero che prevale e quando il Pensiero perde le coordinate è difficile comprendere perché i numeri sono un vocabolari dentro i linguaggi della vita.
Sono elementi che hanno una loro valenza in un processo culturale tout court, perché è in questo processo che lo scibile umano si centralizza come metodologia dei saperi. Un matematico puro che trovava nella filosofia la chiave di lettura per interpretare il rapporto tra spazio e tempo.
L’altro suo “assillo”, o meglio pensiero pensante, scientifico e Meta Fisico. Il Pensiero si sviluppa non solo con il mettere in discussione dati acquisiti, ma con il dimostrare che i dati acquisiti siano realmente tali. Ed è un “vocabolario” che ha le sue matrici filosofiche. Mariano Bruni, si stabilisce a Cosenza, come già detto, e diventa un riferimento per intere generazioni.
Muore nel novembre del 1983. Era nato cento anni fa. La sua presenza è da prendere come modello in un contesto in cui la discussione tra scienze e modelli umanistici resta completamente aperta. Un esempio di matematico che ha saputo legare le scienze alla vita e la matematica stessa alla filosofia. Pitagora, Eraclito, Talete e Spinoza i suoi riferimenti.