Dalle
Real Case al Fascismo tra nobiltà e borghesia.
Un Sud che va riletto
di Micol Bruni
Un Sud che va riletto
di Micol Bruni
Non c’è mai una nobiltà nascosta come non può esserci una nobiltà mascherata. C’è una nobiltà che riesce costantemente a vivere in un confronto con il territorio, mai dimenticando le sue origini e la sua dinastia, mai dimenticando i processi identitari e le eredità che hanno attraversato la storia.
La storia ha sempre un senso, soprattutto quando una dinastia ha come riferimento la tradizione.
La nobiltà dei Gaudinieri vive, la nobiltà e i codici della loro nobiltà, nella storia con la umiltà, consapevole che c’è un quadro in cui il senso stesso della storia ha una sua geografia, le cui ramificazioni interessano ed hanno interessato altri ceppi e altri nuclei di famiglie che hanno esercitato una loro precisa funzione come l’esercizio amministrativo, l’esercizio politico, la capacità di manifestare precisi riferimenti, in un intreccio di “tavole” in cui è ben presente il legame tra una stratigrafia nobiliare e tra titoli e possedimenti di beni.
La storia ha sempre un senso, soprattutto quando una dinastia ha come riferimento la tradizione.
La nobiltà dei Gaudinieri vive, la nobiltà e i codici della loro nobiltà, nella storia con la umiltà, consapevole che c’è un quadro in cui il senso stesso della storia ha una sua geografia, le cui ramificazioni interessano ed hanno interessato altri ceppi e altri nuclei di famiglie che hanno esercitato una loro precisa funzione come l’esercizio amministrativo, l’esercizio politico, la capacità di manifestare precisi riferimenti, in un intreccio di “tavole” in cui è ben presente il legame tra una stratigrafia nobiliare e tra titoli e possedimenti di beni.
Se i Gaudinieri, pur manifestando, inizialmente, una vicinanza a Casa Savoia, soprattutto durante gli anni del Fascismo, insieme alla famiglia Bruni, i Guaglianone restano fedeli, almeno sino al 1927, alla Casa Reale Borbone. Ma sia nei Gaudinieri che nei Guaglianone c’è un forte assenso nei confronti del Fascismo, di quel Fascismo, che nei Gaudinieri soprattutto, prenderà maggiormente penso quando il Fascismo diventa Regime.
Ma il Fascismo dei Gaudinierti – Bruni, sono, comunque, i Bruni i veri propugnatori di un Fascismo “popolare”, è mantenuto fermo da un ideale profondo che è quello dell’identità nazionale, dell’identità alla Patria, dell’approvazione mussoliniana ad una storia d’Italia che pone come premessa la romanità.
Questo fino al 1938. Dopo tale data comincia ad assumere una forma dialettica, soprattutto nei Bruni, il vero e proprio patto politico e di fede con il Fascismo, per consolidarsi, nuovamente e fortemente, dopo la notte del Gran Consiglio.
Il 1938, soprattutto nei Bruni, è l’anno della discussione, insieme ai Gaudinieri, delle Leggi razziali e della stretta con Hitler. Due momenti cruciali che non sono considerati positivi dal ramo delle due famiglie e la discussione si apre ad un articolato dibattito proprio all’interno della famiglia.
Ma il legame con il Fascismo si ricombatta e si rafforza sia dopo il 25 luglio del 1943 e soprattutto dopo l’Otto settembre del 1943. I Bruni del capostipite Ermete Francesco, restano fascisti anche dopo che il Fascismo non c’è più.
Comunque il 25 luglio e l’Otto settembre, diventano due date fatidiche.
Leggono nell’Otto settembre il disfacimento di quell’identità nazionale alla quale avevano dedicato tutto un processo storico e politico: sia all’interno dei Bruni con la loro antica vicinanza ai Savoia sia per chi resta sempre fedele alla cultura e alla tradizione Borbone.
Il rapporto con Musssolini si riconsolida. Durante la Repubblica Sociale di Salò restano Fascisti e sposano in pieno la causa dei repubblichini, riscoprendo il modello rivoluzionario che porterà i Bruni a diffidare degli atteggiamenti di Vittorio Emanuele III. Ed è in questa fase che la stagione fascista dei Bruni si fortifica nel “mussolinismo”.
Il colonnello Agostino Gaudinieri, fratello di Giulia, andata in sposa ad Ermete Francesco, difenderà l’onore della Patria tradita costantemente.
Resterà fascista sino alla morte il Bruni Ermete Francesco (1979) con la coerenza dei vinti e nella nobiltà di una idea mai tradita.
Dei cinque fratelli, Adolfo, Mariano, Virgilio Italo, Luigi (Gino) e Pietro, soltanto Mariano manifesterà le sue perplessità e sarà molto scettico sia sul destino del post fascismo, ma anche fortemente dialettico intorno al dibattito, interno alla famiglia, sullo stesso Fascismo, anche se sposerà Maria Notti, figlia di una personalità più in vista della Fascismo calabrese, che parteciperà a molte e significative azioni, che resterà sempre fedele alla causa mussoliniana.
Ci saranno delle belle e forti discussioni politiche sia tra i quattro fratelli rimasti ancorati alla tradizione fascista e Mariano che esprimeva idee liberali e molto aperte sul valore delle nuove democrazie europee. Idee manifestate con un convinzione culturale e storica.
D’altronde, da matematico, leggeva la storia con la severità scientifica dando una interpretazione ai processi ideologici e alle forme di potere.
Gino dava un senso alla politica, attraversando i valori giuridici e ponendo all’attenzione una visione amministrativa della cosa pubblica.
Il più politicizzato e il più fortemente coinvolto ad una tradizione fascista, ma ampiamente disponibile ad una articolata dialettica storica, che ha attraversato la lettura ultima del Fascismo interpretato da Renzo De Felice ma soprattutto da Tripodi e Pisanò, di cui era profondo conoscitore, oltre ad Adolfo, è rimasto, sino alla fine, mai rinnegando nulla e mai ponendo in discussione i miti, i simboli e le “regole” ai quali aveva creduto per tutta una vita, Virgilio Italo.
Non ha mai scisso i due rami, quello Gaudinieri da quello Bruni, consolidando però, nelle sue posizioni, la frattura, proprio nella stagione 1943 – 1945, tra ciò che aveva incarnato Casa Savoia con l’arresto di Mussolini, e ciò che Mussolini aveva rappresentato e avrebbe rappresentato sino al 1945 e ciò che avrebbe trasmesso politicamente e ideologicamente negli anni successivi.
È chiaro che, nella famiglia, si respirava un clima antibadogliano. Si trattava, chiaramente, dalla loro posizione, e gli elementi politici sono evidenziabili, ad una fedeltà mai taciuta e sempre rappresentata sia nei confronti del Fascismo (nascente e poi consolidato) sia nei confronti dello stesso Mussolini.
La famiglia Bruni di San Lorenzo del Vallo, insieme a quella di Amleto Marchianò, molto vicino ai Bruni, fu una ceppo imparentato con i nobili stemmati dei Gaudinieri, imparentati a loro volta con i filo borbonici Guaglianone.
È un quadro storico che permette di ricontestualizzare una pagina significativa sia delle famiglie del cosentino provenienti da altri territori, ma permette anche di “riscrivere” pagine che hanno permesso di capire correttamente il rapporto tra politica, territorio, famiglie e borghesia.
Nei testi di storia locale, soprattutto in Scorza, “S. Lorenzo del Vallo (spigolature storiche)”, 1986 e in Serra, “Spezzano Albanese nelle vicende storiche sue e dell’Italia (1470 – 1945), 1987, molto più accorto, comunque, e attento dello Scorza su alcuni spaccati, molti degli elementi qui menzionati sono completamente assenti.
Resta il fatto certo che, Scorza non menziona e non cita neppure, le famiglie nobiliari e che hanno governato il paese sono stati dei riferimenti che hanno testimoniato la loro presenza con le opere e le azioni.
I Bruni – Gaudinieri sono stati dei riferimenti sia culturali sia politici che economici oltre al ramo della nobiltà della famiglia Gaudinieri presente, con i Bruni a San Lorenzo del Vallo. La storia si ricostruisce ricontestalizzandola nella sua continuità. Non possono esistere parentesi e la continuità è anche una coerenza che parte da Spezzano dal legame Guaglianone – Gaudinieri e da San Lorenzo da Bruni – Gaudinieri.
Due ceppi che hanno rappresentato nuclei centrali all’interno del territorio e costituiscono una chiave di lettura per comprendere ciò che è stata la borghesia tra fine Ottocento e meta Novecento e l’insistenza del ceto nobiliare dalla metà del Seicento, tramandatosi nell’Ottocento, sino a tutto il Novecento.
La famiglia Bruni – Gaudinieri, con i cinque fratelli, resta un contatto singolare con il territorio attraverso la proprietà terriera, la borghesia e la nobiltà.
Giulia Gaudinieri in Bruni, un’antica famiglia nello stemma, ma anche nella bellezza dei gioielli che sono stati tramandati da famiglia a famiglia.
Gioielli della Casata Gaudinieri di Spezzano. Molti anditi dispersi, altri portati in dote, altri introvabili, ma rappresentano un raccordo estetico tra il senso della bellezza degli ori, la capacità imprenditoriale commerciale e una caratteristica della borghesia in un determinato contesto della storia tra Ottocento e Novecento.
Il tutto nel quadro di una visione politica tra Casa Borbone, Savoia e Fascismo da una parte e mondo cattolico dall’altro.
Attraverso la storie delle famiglie, che sono state protagoniste, c’è un Sud che va riletto, e quindi ricontestualizzato ricontestualizzando tutto ciò che è stato Regno di Napoli, tra Risorgimento, le Real Case, borghesia e nobiltà.
Ma il Fascismo dei Gaudinierti – Bruni, sono, comunque, i Bruni i veri propugnatori di un Fascismo “popolare”, è mantenuto fermo da un ideale profondo che è quello dell’identità nazionale, dell’identità alla Patria, dell’approvazione mussoliniana ad una storia d’Italia che pone come premessa la romanità.
Questo fino al 1938. Dopo tale data comincia ad assumere una forma dialettica, soprattutto nei Bruni, il vero e proprio patto politico e di fede con il Fascismo, per consolidarsi, nuovamente e fortemente, dopo la notte del Gran Consiglio.
Il 1938, soprattutto nei Bruni, è l’anno della discussione, insieme ai Gaudinieri, delle Leggi razziali e della stretta con Hitler. Due momenti cruciali che non sono considerati positivi dal ramo delle due famiglie e la discussione si apre ad un articolato dibattito proprio all’interno della famiglia.
Ma il legame con il Fascismo si ricombatta e si rafforza sia dopo il 25 luglio del 1943 e soprattutto dopo l’Otto settembre del 1943. I Bruni del capostipite Ermete Francesco, restano fascisti anche dopo che il Fascismo non c’è più.
Comunque il 25 luglio e l’Otto settembre, diventano due date fatidiche.
Leggono nell’Otto settembre il disfacimento di quell’identità nazionale alla quale avevano dedicato tutto un processo storico e politico: sia all’interno dei Bruni con la loro antica vicinanza ai Savoia sia per chi resta sempre fedele alla cultura e alla tradizione Borbone.
Il rapporto con Musssolini si riconsolida. Durante la Repubblica Sociale di Salò restano Fascisti e sposano in pieno la causa dei repubblichini, riscoprendo il modello rivoluzionario che porterà i Bruni a diffidare degli atteggiamenti di Vittorio Emanuele III. Ed è in questa fase che la stagione fascista dei Bruni si fortifica nel “mussolinismo”.
Il colonnello Agostino Gaudinieri, fratello di Giulia, andata in sposa ad Ermete Francesco, difenderà l’onore della Patria tradita costantemente.
Resterà fascista sino alla morte il Bruni Ermete Francesco (1979) con la coerenza dei vinti e nella nobiltà di una idea mai tradita.
Dei cinque fratelli, Adolfo, Mariano, Virgilio Italo, Luigi (Gino) e Pietro, soltanto Mariano manifesterà le sue perplessità e sarà molto scettico sia sul destino del post fascismo, ma anche fortemente dialettico intorno al dibattito, interno alla famiglia, sullo stesso Fascismo, anche se sposerà Maria Notti, figlia di una personalità più in vista della Fascismo calabrese, che parteciperà a molte e significative azioni, che resterà sempre fedele alla causa mussoliniana.
Ci saranno delle belle e forti discussioni politiche sia tra i quattro fratelli rimasti ancorati alla tradizione fascista e Mariano che esprimeva idee liberali e molto aperte sul valore delle nuove democrazie europee. Idee manifestate con un convinzione culturale e storica.
D’altronde, da matematico, leggeva la storia con la severità scientifica dando una interpretazione ai processi ideologici e alle forme di potere.
Gino dava un senso alla politica, attraversando i valori giuridici e ponendo all’attenzione una visione amministrativa della cosa pubblica.
Il più politicizzato e il più fortemente coinvolto ad una tradizione fascista, ma ampiamente disponibile ad una articolata dialettica storica, che ha attraversato la lettura ultima del Fascismo interpretato da Renzo De Felice ma soprattutto da Tripodi e Pisanò, di cui era profondo conoscitore, oltre ad Adolfo, è rimasto, sino alla fine, mai rinnegando nulla e mai ponendo in discussione i miti, i simboli e le “regole” ai quali aveva creduto per tutta una vita, Virgilio Italo.
Non ha mai scisso i due rami, quello Gaudinieri da quello Bruni, consolidando però, nelle sue posizioni, la frattura, proprio nella stagione 1943 – 1945, tra ciò che aveva incarnato Casa Savoia con l’arresto di Mussolini, e ciò che Mussolini aveva rappresentato e avrebbe rappresentato sino al 1945 e ciò che avrebbe trasmesso politicamente e ideologicamente negli anni successivi.
È chiaro che, nella famiglia, si respirava un clima antibadogliano. Si trattava, chiaramente, dalla loro posizione, e gli elementi politici sono evidenziabili, ad una fedeltà mai taciuta e sempre rappresentata sia nei confronti del Fascismo (nascente e poi consolidato) sia nei confronti dello stesso Mussolini.
La famiglia Bruni di San Lorenzo del Vallo, insieme a quella di Amleto Marchianò, molto vicino ai Bruni, fu una ceppo imparentato con i nobili stemmati dei Gaudinieri, imparentati a loro volta con i filo borbonici Guaglianone.
È un quadro storico che permette di ricontestualizzare una pagina significativa sia delle famiglie del cosentino provenienti da altri territori, ma permette anche di “riscrivere” pagine che hanno permesso di capire correttamente il rapporto tra politica, territorio, famiglie e borghesia.
Nei testi di storia locale, soprattutto in Scorza, “S. Lorenzo del Vallo (spigolature storiche)”, 1986 e in Serra, “Spezzano Albanese nelle vicende storiche sue e dell’Italia (1470 – 1945), 1987, molto più accorto, comunque, e attento dello Scorza su alcuni spaccati, molti degli elementi qui menzionati sono completamente assenti.
Resta il fatto certo che, Scorza non menziona e non cita neppure, le famiglie nobiliari e che hanno governato il paese sono stati dei riferimenti che hanno testimoniato la loro presenza con le opere e le azioni.
I Bruni – Gaudinieri sono stati dei riferimenti sia culturali sia politici che economici oltre al ramo della nobiltà della famiglia Gaudinieri presente, con i Bruni a San Lorenzo del Vallo. La storia si ricostruisce ricontestalizzandola nella sua continuità. Non possono esistere parentesi e la continuità è anche una coerenza che parte da Spezzano dal legame Guaglianone – Gaudinieri e da San Lorenzo da Bruni – Gaudinieri.
Due ceppi che hanno rappresentato nuclei centrali all’interno del territorio e costituiscono una chiave di lettura per comprendere ciò che è stata la borghesia tra fine Ottocento e meta Novecento e l’insistenza del ceto nobiliare dalla metà del Seicento, tramandatosi nell’Ottocento, sino a tutto il Novecento.
La famiglia Bruni – Gaudinieri, con i cinque fratelli, resta un contatto singolare con il territorio attraverso la proprietà terriera, la borghesia e la nobiltà.
Giulia Gaudinieri in Bruni, un’antica famiglia nello stemma, ma anche nella bellezza dei gioielli che sono stati tramandati da famiglia a famiglia.
Gioielli della Casata Gaudinieri di Spezzano. Molti anditi dispersi, altri portati in dote, altri introvabili, ma rappresentano un raccordo estetico tra il senso della bellezza degli ori, la capacità imprenditoriale commerciale e una caratteristica della borghesia in un determinato contesto della storia tra Ottocento e Novecento.
Il tutto nel quadro di una visione politica tra Casa Borbone, Savoia e Fascismo da una parte e mondo cattolico dall’altro.
Attraverso la storie delle famiglie, che sono state protagoniste, c’è un Sud che va riletto, e quindi ricontestualizzato ricontestualizzando tutto ciò che è stato Regno di Napoli, tra Risorgimento, le Real Case, borghesia e nobiltà.