Il cappellaio malinconico
di Pierfranco Bruni
Il cappellaio portava negli occhi un filo di malinconia, quella malinconia che assorbe la nostalgia.
La nostalgia è il segno di una mancanza, di una lontananza, di un’assenza…
Le assenze sono attraversamenti di un tempo che ha saputo raccogliere la testimonianza di una vita.
Si appoggiò con la fronte ai vetri della finestra e osservò il buio sottile che diveniva sempre più fitto e in quell’oscurità i ricordi si facevano vita.
La vita è fatta di memorie, di echi lontani che sembrano giungere dalla strada, dalle abitazioni vicine.
Con la fronte appoggiata sul vetro della finestra, il cappellaio fissava la leggera pioggerellina che a tratti sbatteva sui vetri della finestra.
La vita è fatta di intermittenza, pensava ricordando Proust.
Era stato un cappellaio magico, stregato.
Aveva attraversato i labirinti e si era raccontato in una malinconia penetrante in cui la nostalgia raccoglieva il possibile e l’impossibile, in cui la memoria era un vizio per un tempo trascorso e sempre raccontato.
Si avvicinò alla scrivania prese un foglio e si mise a scrivere:
C’era una volta un cappellaio che raccontava favole e custodiva favole altrui per viaggiare tra i sogni, avventure e destini, ma un bel giorno si accorse che le favole erano finite e che nel tempo la vita aveva preso il sopravvento.
Potevano ancora avere un senso le favole?
Potevano ancora avere un senso nel momento in cui la vita aveva preso il sopravvento attraversando il tempo?.
Così scriveva il cappellaio.
A un certo punto lasciò dei puntini sospensivi sul foglio, andò a capo e aggiunse:
Ragazzi miei, fate in modo che il tempo scivoli su di noi con armonia.
Il tempo solca i nostri pensieri, i nostri corpi, ma tutto può avere importanza fino a quando saremo nel tempo e lo considereremo parte di noi.
Per guardare il tempo nello specchio abbiamo bisogno di giocarlo.
di Pierfranco Bruni
Il cappellaio portava negli occhi un filo di malinconia, quella malinconia che assorbe la nostalgia.
La nostalgia è il segno di una mancanza, di una lontananza, di un’assenza…
Le assenze sono attraversamenti di un tempo che ha saputo raccogliere la testimonianza di una vita.
Si appoggiò con la fronte ai vetri della finestra e osservò il buio sottile che diveniva sempre più fitto e in quell’oscurità i ricordi si facevano vita.
La vita è fatta di memorie, di echi lontani che sembrano giungere dalla strada, dalle abitazioni vicine.
Con la fronte appoggiata sul vetro della finestra, il cappellaio fissava la leggera pioggerellina che a tratti sbatteva sui vetri della finestra.
La vita è fatta di intermittenza, pensava ricordando Proust.
Era stato un cappellaio magico, stregato.
Aveva attraversato i labirinti e si era raccontato in una malinconia penetrante in cui la nostalgia raccoglieva il possibile e l’impossibile, in cui la memoria era un vizio per un tempo trascorso e sempre raccontato.
Si avvicinò alla scrivania prese un foglio e si mise a scrivere:
C’era una volta un cappellaio che raccontava favole e custodiva favole altrui per viaggiare tra i sogni, avventure e destini, ma un bel giorno si accorse che le favole erano finite e che nel tempo la vita aveva preso il sopravvento.
Potevano ancora avere un senso le favole?
Potevano ancora avere un senso nel momento in cui la vita aveva preso il sopravvento attraversando il tempo?.
Così scriveva il cappellaio.
A un certo punto lasciò dei puntini sospensivi sul foglio, andò a capo e aggiunse:
Ragazzi miei, fate in modo che il tempo scivoli su di noi con armonia.
Il tempo solca i nostri pensieri, i nostri corpi, ma tutto può avere importanza fino a quando saremo nel tempo e lo considereremo parte di noi.
Per guardare il tempo nello specchio abbiamo bisogno di giocarlo.
Come si può giocare il tempo?
È possibile giocare il tempo se noi fino all’ultimo istante crederemo nel sogno. Il sogno è infaticabile, infallibile, impeccabile.
Quando le assenze sono diventate mancanze, e le portiamo nel cuore come ferita, pensiamo al sogno perché quelle mancanze una volta erano vita e soltanto il sogno può sigillarle dentro di noi.
Ogni mancanza, che per noi rappresenta un punto di riferimento, non scomparirà perché è il ricordare che ci porta in quel tempo in cui noi abbiamo vissuto con quella che oggi è l’assenza.
Soltanto il sogno ci riporta in questo viaggiare e noi non smetteremo di viaggiare fino a quando la favola ci racconterà la bellezza.
Dialogare con le assenze, con le mancanze significa recuperare il senso della bellezza depositato dentro di noi. Viviamo e conviviamo con le bellezze anche nell’assenza.
Il cappellaio smise di scrivere.
Si alzò dalla scrivania e ritornò alla finestra.
Appoggiò la fronte sul vetro e si rese conto che la pioggia era cessata.
Il buio era diventato ancora più fitto, ma dentro quelle tenebre intravide una luce sottile, sottile, sottile…
Era un bagliore di luna che illuminava il buio.
Si soffermò a fissare quel vissuto di bagliore fino a quando non si addormentò con la testa appoggiata sul vetro della finestra.
Si svegliò una volta che il buio fu divenuto giorno.
Il tempo avanza, ma dobbiamo cercare di seguire soltanto il cammino.
Venne la malinconia
gli echi avevano perso il cielo
e le parole non aspettavano altro che il silenzio.
Ed ora siamo giunti all'inizio.
Si giunge sempre nella terra
in cui non bastano i silenzi.
Ci sono silenzi che non smettono... di morire.
Fine? Ma no. Non esiste.
La vita è costretta ad essere vita
ma noi cerchiamo la favola.
Il cappellaio prese le parole e suonò la luna...
È possibile giocare il tempo se noi fino all’ultimo istante crederemo nel sogno. Il sogno è infaticabile, infallibile, impeccabile.
Quando le assenze sono diventate mancanze, e le portiamo nel cuore come ferita, pensiamo al sogno perché quelle mancanze una volta erano vita e soltanto il sogno può sigillarle dentro di noi.
Ogni mancanza, che per noi rappresenta un punto di riferimento, non scomparirà perché è il ricordare che ci porta in quel tempo in cui noi abbiamo vissuto con quella che oggi è l’assenza.
Soltanto il sogno ci riporta in questo viaggiare e noi non smetteremo di viaggiare fino a quando la favola ci racconterà la bellezza.
Dialogare con le assenze, con le mancanze significa recuperare il senso della bellezza depositato dentro di noi. Viviamo e conviviamo con le bellezze anche nell’assenza.
Il cappellaio smise di scrivere.
Si alzò dalla scrivania e ritornò alla finestra.
Appoggiò la fronte sul vetro e si rese conto che la pioggia era cessata.
Il buio era diventato ancora più fitto, ma dentro quelle tenebre intravide una luce sottile, sottile, sottile…
Era un bagliore di luna che illuminava il buio.
Si soffermò a fissare quel vissuto di bagliore fino a quando non si addormentò con la testa appoggiata sul vetro della finestra.
Si svegliò una volta che il buio fu divenuto giorno.
Il tempo avanza, ma dobbiamo cercare di seguire soltanto il cammino.
Venne la malinconia
gli echi avevano perso il cielo
e le parole non aspettavano altro che il silenzio.
Ed ora siamo giunti all'inizio.
Si giunge sempre nella terra
in cui non bastano i silenzi.
Ci sono silenzi che non smettono... di morire.
Fine? Ma no. Non esiste.
La vita è costretta ad essere vita
ma noi cerchiamo la favola.
Il cappellaio prese le parole e suonò la luna...