Forse perché è martedì.
I ricordi, a volte, diventano una gabbia.
Hanno la dolcezza delle mattine quando il vociare del mercato si faceva insistente, e dalla mia stanza ascoltavo echi, e d’estate il sole picchiava forte sui vetri della mia finestra.
Anni lunghi o anni brevi hanno attraversato il mio tempo nella casa con il giardino e con le rose a bocciolo sotto la spinta dei raggi.
Se dovessi insistere con i ricordi non la finirei più. Ma ho una profonda nostalgia di mio padre e di mia madre perché mi mancano, ed è come se mancassero ad ogni mia promessa, ad ogni mia parola, ad ogni mio gesto.
Mio padre e mia madre li ho sempre creduti eterni. Impossibile che potessero andar via attraversati dall’età. Ed io non ero mai preparato, non sono mai stato preparato, alla loro vacanza. Ed ora l’assenza la vivo con tristezza, anche se dentro di me sono molto più vivi di quando realmente vivevano nella casa con la palma alta più della casa stessa.
Non posso dire che io sono sempre lo stesso di un tempo che ha custodito gli anni passati. La morte della madre ti spezza e la morte del padre ti fa capire che l’impossibile non esiste come senso di infinito.
Sono diverso non solo perché sono cambiato, ma perche si entra in una dimensione nella quale tocchi la vera essenza della solitudine.
Ho sempre pensato che mio padre e mia madre fossero immortali.
I ricordi, a volte, diventano una gabbia.
Hanno la dolcezza delle mattine quando il vociare del mercato si faceva insistente, e dalla mia stanza ascoltavo echi, e d’estate il sole picchiava forte sui vetri della mia finestra.
Anni lunghi o anni brevi hanno attraversato il mio tempo nella casa con il giardino e con le rose a bocciolo sotto la spinta dei raggi.
Se dovessi insistere con i ricordi non la finirei più. Ma ho una profonda nostalgia di mio padre e di mia madre perché mi mancano, ed è come se mancassero ad ogni mia promessa, ad ogni mia parola, ad ogni mio gesto.
Mio padre e mia madre li ho sempre creduti eterni. Impossibile che potessero andar via attraversati dall’età. Ed io non ero mai preparato, non sono mai stato preparato, alla loro vacanza. Ed ora l’assenza la vivo con tristezza, anche se dentro di me sono molto più vivi di quando realmente vivevano nella casa con la palma alta più della casa stessa.
Non posso dire che io sono sempre lo stesso di un tempo che ha custodito gli anni passati. La morte della madre ti spezza e la morte del padre ti fa capire che l’impossibile non esiste come senso di infinito.
Sono diverso non solo perché sono cambiato, ma perche si entra in una dimensione nella quale tocchi la vera essenza della solitudine.
Ho sempre pensato che mio padre e mia madre fossero immortali.
Una illusione nella quale si vuole credere fino a quando non tocchi con le mani la presenza della morte farsi pungiglione, e neppure allora lasci alla consapevolezza lo spazio di scavarti l’anima.
Questa infinita morte che taglia l’illusione dell’infinita vita.
Ogni martedì mattina il mercato sulla piazzetta dove ho vissuto e continuo a vivere in una Calabria magica, che ha i tocchi dei cantastorie e gli sguardi delle magare che ti accolgono nella loro alchimia.
Questa terra è la mia terra.
La Calabria. Mio padre e mia madre sono qui nati e vissuti. Qui si sono incontrati e si sono amati di un amore splendido come loro, da giovani, erano splendidi nel volto e lo sono stati sino alla fine.
Mio padre, una grande ironia nella pazienza.
Mia madre, una sibillante commedia nella verità.
Lentamente passo dopo passo cammino in quella casa, tocco il loro vissuto, ascolto le loro notti, vivo i loro orari con un senso di malinconia che strappa il cuore.
“Italo…, il piatto è sul tavolo… Ancora t’ai gnamà…”.
“Sto venendo… mi staiu lavannu i mani…Aspetta Marì”.
Ed era un ripetersi di giorni diventato un rituale.
Come la sera quando si mettevano davanti alla televisione.
“U vidi? Come sa setta in poltrona dorma… puozzu fa na vita accussì?”.
“Lassala sta a mammata…a mia nun mi piacunu i tiritupdi e dan…, dice cosa che manca pietrobailardo dicìa…”.
Termini e concetti che non ha mai cercato di approfondire, ma che ora comprendo benissimo.
Questa infinita morte che taglia l’illusione dell’infinita vita.
Ogni martedì mattina il mercato sulla piazzetta dove ho vissuto e continuo a vivere in una Calabria magica, che ha i tocchi dei cantastorie e gli sguardi delle magare che ti accolgono nella loro alchimia.
Questa terra è la mia terra.
La Calabria. Mio padre e mia madre sono qui nati e vissuti. Qui si sono incontrati e si sono amati di un amore splendido come loro, da giovani, erano splendidi nel volto e lo sono stati sino alla fine.
Mio padre, una grande ironia nella pazienza.
Mia madre, una sibillante commedia nella verità.
Lentamente passo dopo passo cammino in quella casa, tocco il loro vissuto, ascolto le loro notti, vivo i loro orari con un senso di malinconia che strappa il cuore.
“Italo…, il piatto è sul tavolo… Ancora t’ai gnamà…”.
“Sto venendo… mi staiu lavannu i mani…Aspetta Marì”.
Ed era un ripetersi di giorni diventato un rituale.
Come la sera quando si mettevano davanti alla televisione.
“U vidi? Come sa setta in poltrona dorma… puozzu fa na vita accussì?”.
“Lassala sta a mammata…a mia nun mi piacunu i tiritupdi e dan…, dice cosa che manca pietrobailardo dicìa…”.
Termini e concetti che non ha mai cercato di approfondire, ma che ora comprendo benissimo.
E anche la sera un costante rituale ed era divertente duellare con le parole tra il mezzo italiano e il dialetto.
Era splendida mia madre quando usava l’italiano e conosceva tutti fatti dell’attualità perché leggeva i settimanali, seguiva tutte le cronache politiche e molte volte era lei che mi aggiornava su alcuni pettegolezzi della cronaca rosa dicendomi:
“Ma cumi fa a nun sapì stu fattu…”.
Non smetto di accarezzare la loro presenza e spesso a loro mi rivolgo per capire alcune cose. Per tutto il resto della mia vita non farò altro che dedicarmi a loro.
“Vo vidi che sta casa quannu nun ci simu chiù tu a vinni…”.
Mi diceva mio padre.
Non sarà mai possibile, papà mio. Questa casa tua e di mamma io la vivrò, la abiterò, sarà il Tempio del nostro amore e della nostra vicinanza. Stai pur certo, papà, vendere questa casa per me sarebbe non solo vendervi, ma anche vendermi e tu sai che questo non è possibile.
Non è possibile per tutto ciò che mi avete dato con serenità e bellezza, per tutto ciò che ho raccolto, per tutto ciò che sono e che è dovuto al vostro coraggio, alla vostra coerenza e alla vostra tenacia.
È martedì.
Il mercato è nel pieno del suo vociare.
Vi penso.
Vi penso mai da morti. Sempre da vivi.
Come è difficile impastare i ricordi la nostalgia e il presente.
Ogni mattina mi sveglio intorno alle quattro. Io lo so perché. E ogni domenica vorrei non avere pensieri per tutta la giornata. Lo so perché.
Sento bussare alla mia testa ed è come se una voce mi dicesse: Svegliati che non vogliamo stare soli. Ed io mi sveglio. Faccio il caffè e comincio a pensare, a scrivere, a raccontarmi.
Papà mamma siete diventati il mio racconto e non vorrei proprio smettere di raccontarlo.
Le rose fioriscono sempre nel giardino.
In ogni stagione.
Restate sempre il mio sciamano e la mia curandera.
Era splendida mia madre quando usava l’italiano e conosceva tutti fatti dell’attualità perché leggeva i settimanali, seguiva tutte le cronache politiche e molte volte era lei che mi aggiornava su alcuni pettegolezzi della cronaca rosa dicendomi:
“Ma cumi fa a nun sapì stu fattu…”.
Non smetto di accarezzare la loro presenza e spesso a loro mi rivolgo per capire alcune cose. Per tutto il resto della mia vita non farò altro che dedicarmi a loro.
“Vo vidi che sta casa quannu nun ci simu chiù tu a vinni…”.
Mi diceva mio padre.
Non sarà mai possibile, papà mio. Questa casa tua e di mamma io la vivrò, la abiterò, sarà il Tempio del nostro amore e della nostra vicinanza. Stai pur certo, papà, vendere questa casa per me sarebbe non solo vendervi, ma anche vendermi e tu sai che questo non è possibile.
Non è possibile per tutto ciò che mi avete dato con serenità e bellezza, per tutto ciò che ho raccolto, per tutto ciò che sono e che è dovuto al vostro coraggio, alla vostra coerenza e alla vostra tenacia.
È martedì.
Il mercato è nel pieno del suo vociare.
Vi penso.
Vi penso mai da morti. Sempre da vivi.
Come è difficile impastare i ricordi la nostalgia e il presente.
Ogni mattina mi sveglio intorno alle quattro. Io lo so perché. E ogni domenica vorrei non avere pensieri per tutta la giornata. Lo so perché.
Sento bussare alla mia testa ed è come se una voce mi dicesse: Svegliati che non vogliamo stare soli. Ed io mi sveglio. Faccio il caffè e comincio a pensare, a scrivere, a raccontarmi.
Papà mamma siete diventati il mio racconto e non vorrei proprio smettere di raccontarlo.
Le rose fioriscono sempre nel giardino.
In ogni stagione.
Restate sempre il mio sciamano e la mia curandera.