Una innata sete di sapere alla continua ricerca di se stessi in un viaggio infinito verso il tempo inafferrabile, come inafferrabili sono mito e letteratura, anima il pensiero deciso e profondo di Pierfranco Bruni, che trova nuova forma in un saggio introspettivo dal sapore antico “Il canto di Nessuno. Ulisse nel labirinto dell’Occidente” (edizioni Saletta dell’Uva - Collana Nostos).
Leggere Pierfranco è un tuffo a perdi fiato nel colore indefinito e indelebile della cultura. Una intemerata e ferma vitalità conoscitiva vibra nel “Canto di Nessuno” tra le righe di uno scrittore che finalmente si libera e usa la prima persona nel narrare, nel raccontarsi: “La mia scelta è chiara. Sarei rimasto con Calipso”.
Meravigliosa confessione di un uomo che chiede in prestito al tempo Ulisse e gli affida un segreto, il suo. “Io Ulisse”, così si confessa Pierfranco, nel suo viaggio alla ricerca di se, riuscendo a connotare l’essenza di questo personaggio, come quella di un eroe, la cui derivazione greca nell’accezione omerica è quella di uomo libero.
E Ulisse uomo libero lo fu sul serio, viaggiatore e indefesso avventuriero, come Bruni nel suo saggio.
Il sovrano di Itaca mai venne meno all’imperativo di assecondare il suo spirito libero, in un mondo ripiegato su se stesso e dai limitati confini. “In ognuno di noi si nasconde un Ulisse” e così il mare, il vento, la tempesta, il naufragio e l’isola che è approdo, tutte metafore figlie del mito e mai finzioni.
Nel viaggio di Ulisse Pierfranco matura l’io scrittore che finalmente critica il presente e con esso quella letteratura priva di fantasia e di radicamento tragico.
Pierfranco staglia il mito di Ulisse come riferimento nella cultura europea e lo immortala, attraverso citazioni di autori che dal novecento arrivano sino ai nostri giorni, quale simbolo dello slancio prometeico verso l’ignoto, dignità e condanna della condizione umana. Il mito come cura, la letteratura come ritrovo, la nostalgia come ricordo e la storia come memoria.
Nei suoi autori Pierfranco rilegge Ulisse come visione esistenziale della vita per un ritorno ad Itaca non come fatto, vero o leggenda che sia, ma come sentimento e salvezza.
“L’Ulisse omerico continua a viaggiare dentro di noi” ed “Itaca è appartenenza e radicamento”. Valori ricorrenti in Bruni che dedica il suo ‘canto’ al padre Virgilio Italo e alla madre Maria, la sua prima e sempre presente identità.
Il viaggio di Pierfanco è tra i simboli del mito attraverso la più alta cultura letteraria italiana ed europea che solo lui, profondo conoscitore, può citare, intrecciare e recitare a suo piacimento. Il suo affascinante canto è un’ode alla immensa, indefinibile e struggente memoria, scrigno dell’essere, dell’io ritrovato che vive di solitudini e ricordi in un tempo che resta dentro la nostra anima.
L’Ulisse di Pierfanco è il simbolo della purezza dell’uomo, l’orsa polare per chi, come Bruni, lotta per mantenere viva e forte, tra i mille rivoli di un vissuto pieno, la propria radicata, colta, rara, elevata e follemente grandiosa umanità.